Nel sistema pensionistico italiano i contributi contano alla pari degli anni di età. Infatti la stragrande maggioranza delle misure previdenziali in vigore si completano al raggiungimento di una determinata età e al contestuale raggiungimento di una determinata carriera lavorativa. Questo vale per esempio per la pensione di vecchiaia ordinaria, cioè quelle con 67 anni di età e 20 anni di contributi versati. Ma vale anche per numerosi altri scivoli previsti dalla normativa vigente che consentono, anche in questo caso, il pensionamento anticipato rispetto alla pensione di vecchiaia.

Misure però che prevedono sempre una combinazione di età e contributi da raggiungere. Un dato di fatto evidente è che nasce dalle misure oggi in vigore, porta all’attenzione una particolarità che molti sottovalutano. Infatti pare che 36 anni di contributi sia la quota di versamenti assicurativi e previdenziali nella gestione dei lavoratori dipendenti, che più possibilità offre di andare in pensione. 

“Gentile redazione, sono una operaia di 62 anni e a novembre finisco il mio trentaseiesimo anno di lavoro. In pratica, ho 36 anni di contributi versati. Sono tremendamente stanca e quasi quasi sto valutando di lasciare il lavoro. Qualcosa da parte l’ho messo e potrei anche vivere per in po’ senza lavorare. Certo, non posso stare 4 anni aspettando i 67. Con 36 anni di contributi che possibilità ho?

In pensione prima con 36 anni di contributi versati, come? 

Le pensioni anticipate classiche si centrano con carriere ben più lunghe dei 40 anni di contributi versati. In pratica si riduce la platea dei potenziali aventi diritto alla pensione distaccata dai limiti di età solo ed esclusivamente a quanti hanno delle carriere a partire dai 41 anni di contributi. Questo è come funziona per i precoci e per la loro quota 41. Le pensioni anticipate ordinarie infatti si completano con 42,10 o 41,10, rispettivamente per uomini e per donne. Senza carriere oltre i 40 anni, è praticamente impossibile uscire dal lavoro se non si arriva ad una determinata età.

Una possibilità questa che si apre a quanti hanno avuto, con ogni evidenza, una carriera lunga, continua e priva di interruzioni fin da giovane età. E se per le anticipate il limite sono i contributi versati, per la pensione di vecchiaia si passa all’età. Sotto i 67 anni di età infatti, se non c’è una carriera contributiva di un certo tipo, difficilmente ci sono possibilità di pensionamento. Questo però non vuol dire che le misure di pensionamento anticipato manchino.  

Perché con 36 anni per molti si spalancano le porte della quiescenza 

Diverso il caso di chi ha già maturato 36 anni di contributi versati. In questo caso infatti si aprono le porte a davvero tante misure previdenziali. E con tante possibilità perché ognuna di queste misure ha requisiti previdenziali differenti dagli altri. Perché parliamo di 36 anni di contributi versati? Primo perché è la soglia contributiva che la nostra signora si accinge a raggiungere. E poi perché è la soglia contributiva utile fino al 31 dicembre prossimo per centrare l’Ape sociale, che è la prima misura che si può completare con 36 anni di contributi versati. Naturalmente questo riguarda soltanto chi svolge un’attività gravosa tra le tante che nel 2022 sono entrate a far parte del perimetro di applicazioni della misura. Quindi, con 36 anni di contributi versati e 63 anni di età c’è la possibilità di uscire, come lavoro gravoso, con l’anticipo pensionistico sociale.  

Usuranti da non confondere con i gravosi, ecco le differenze sulle pensioni

Ma questa misura, non è l’unica che consente a chi ha raggiunto questa quota contributiva di anticipare la quiescenza prima dei 67 anni di età. Infatti 36 anni di contributi versati sono sufficienti per esempio per la pensione in regime usuranti. Chi svolge una di quelle attività previste da un vecchio decreto del 2011, tra cui autisti dei mezzi di trasporto pubblico, operai della linea catena, oppure lavoratori notturni, possono godere della pensione con quota 97,6.

A dire il vero per la pensione usuranti bastano 35 anni di contributi versati e quindi 36 sono più che sufficienti. L’età di uscita prevista per questa misura è pari a 61 anni e 7 mesi. E 36 sono sufficienti anche per l’opzione donna, misura che come per gli usuranti necessita di almeno 35 anni di versamenti. In questo caso l’uscita è fissata a 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 59 anni di età per le autonome. Queste età minime insieme ai 35 anni, altrettanto minimi, di contribuzione, devono essere stati completati entro il 31 dicembre 2021.  

Anche l’aspettativa di vita bloccata per i lavori gravosi e usuranti 

Con 36 anni di contributi si può lasciare il lavoro anche con l’Ape sociale senza necessariamente essere alle prese coi lavori gravosi. La misura si estende anche a disoccupati, caregivers e invalidi. E sempre a 63 anni di età, per queste categorie la carriera minima è di 30 anni. L’importanza di avere 36 anni di contributi versati è dimostrata anche dal fatto che pure lo stop all’aspettativa di vita che consente a chi svolge lavori usuranti o gravosi si applica alla perfezione a chi ha maturato questa carriera. Per poter accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria, ma svolgendo lavori gravosi o usuranti, bastano 30 anni di versamenti. Ricapitolando, come evidenzia vuole, 36 anni di contributi versati sono più che sufficienti per la stragrande maggioranza delle misure in deroga ai requisiti ordinari oggi previsti. In pratica escludendo dal calcolo la pensione anticipata ordinaria e la pensione con quota 41, quota 100 e con quota 102, dove sono necessari dai 38 ai 42,10 anni di contribuzione, per tante altre misure i 36 anni come li ha la nostra lettrice, possono piùche bastare.