All’ombra della crisi internazionale e del caro prezzi conseguente, si fa avanti a fatica la riforma pensioni. Mentre il Governo prova a “mettere toppe” concedendo bonus una tantum quasi a tutti, i sindacati ricordano che la questione pensioni non può essere rimandata né tanto meno ignorata. Dall’incontro del 7 aprile scorso, l’ultima proposta che si fa strada è quella che è stata ribattezzata riforma a due tempi, vedremo meglio più avanti come funziona e perché si chiama così.

La riforma pensioni: le prossime mosse e chi non dimentica

Non c’è pace in Ucraina e nemmeno per i pensionati italiani o per i lavoratori prossimi alla pensione.

Ma non solo: la questione della riforma pensioni riguarda tutti, anche chi ha da poco iniziato a lavorare. Perché, come abbiamo visto più volte, non è mai troppo presto per iniziare a pensare alla pensione futura. I giovani precari devono sapere quali strada li attende e capire, eventualmente, come integrare con la pensione complementare. Ad inizio anno era la priorità in agenda ma, dopo il conflitto Russo-Ucraino, la riforma pensioni è passata in secondo piano e non possiamo permettercelo. Si perché, senza interventi, nel 2023 si torna alla Legge Fornero. Lo sappiamo quindi non possiamo a fine anno considerarlo una doccia fredda se accadesse.

Film pensioni: il primo tempo a 64 anni, il secondo a 67

Se la riforma pensioni fosse un film, stando alle ultime notizie, avrebbe un intervallo a metà tempo. Si chiama “pensione a due tempi” perché l’uscita a 64 anni garantirebbe solo una parte dell’assegno spettante.

La quota retributiva, infatti, sarebbe integrata solo al compimento dei 67 anni (o più esattamente al perfezionamento dei requisiti della pensione di vecchiaia). Sarebbero tantissimi i lavoratori prossimi alla pensione interessati da questa ipotesi di riforma:

  • i 203 mila lavoratori che dal 2022 al 2024 potrebbero smettere di lavorare;
  • i 129 mila che potrebbero andare in pensione nel biennio successivo, ovvero 2025-2027.

Gli altri candidati all’Oscar per la migliore riforma pensioni

Restiamo in tema film e cinema.

Questo progetto di riforma, pur apparendo il più papabile anche per via della sostenibilità dei costi, non è in ogni caso l’unico. C’è chi continua a premere per un’uscita definitiva a 64 anni. Cecchi insiste sul potenziamento di Quota 102. Tridico ha sottolineato la possibilità di una riforma basata su un mix di requisito anagrafico, contributivo e di importo minimo spettante per garantirsi l’uscita.

Quel che è certo è che il tempo stringe.