La pensione di reversibilità spetta ai parenti superstiti in caso di decesso del pensionato o assicurato. Si divide in pensione di reversibilità, quando si tratta di decesso del pensionato, e pensione indiretta, quando si parla di decesso dell’assicurato.

Non tutti sanno, però, che la pensione di reversibilità o indiretta che spetta ai superstiti è soggetta a limitazioni di reddito. In pratica, se il beneficiario (o beneficiari) superstite che ne fa richiesta lavora non potrà percepire l’assegno pieno.

Pensione di reversibilità e redditi

Capita così a volte che il coniuge superstite, fatti i dovuti calcoli, si dimetta dal posto di lavoro o ricorra a un part-time proprio per non incorrere nei tagli previsti dalla legge.

Vi è da dire, però, che il lavoro non è l’unica fonte di reddito a cui l’istituto di previdenza fa riferimento. Vi è anche il reddito da pensione, da impresa, ecc.

La legge n.335 del 1995 (Riforma Dini) non ha specificato quali sono i redditi cumulabili ai fini della pensione di reversibilità. L’Inps, ha tuttavia chiarito che rilevano tutti i redditi assoggettabili all’Irpef, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali. Restano esclusi:

 

  • il Tfr, i trattamenti assimilati e le relative anticipazioni;
  • il reddito della casa di abitazione;
  • gli arretrati sottoposti a tassazione separata;
  • l’importo della pensione ai superstiti;
  • la pensione e assegno sociale;
  • le rendite Inail;
  • gli assegni di accompagnamento;
  • le pensioni privilegiate;
  • le pensioni e assegni per invalidi, non vedenti e non udenti non parlanti.

L’importo dell’assegno

Come noto, la pensione del defunto non è devoluta per intero ai familiari superstiti, ma ripartita secondo alcune percentuali, come previsto dalla legge, e in particolare:

  • 60%, solo coniuge;
  • 70%, solo un figlio;
  • 80% coniuge e un figlio ovvero due figli senza coniuge;
  • 100% coniuge e due o più figli ovvero tre o più figli;
  • 15% per ogni altro familiare, avente diritto, diverso dal coniuge, figli e nipoti.

Qualora abbiano diritto alla pensione di reversibilità altri parenti, le aliquote di reversibilità sono le seguenti:

  • un figlio: 70%;
  • due figli: 80%;
  • tre o più figli: 100%;
  • un genitore: 15%;
  • due genitori: 30%;
  • un fratello o sorella: 15%;
  • due fratelli o sorelle: 30%;
  • tre fratelli o sorelle: 45%;
  • quattro fratelli o sorelle: 60%;
  • cinque fratelli o sorelle: 75%;
  • sei fratelli o sorelle: 90%;
  • sette fratelli o sorelle: 100%.

Riduzione della pensione di reversibilità

Come detto, in presenza di redditi da parte del beneficiario, la pensione di reversibilità subisce delle decurtazioni in relazione al reddito stesso dichiarato.

Più nello specifico, il taglio è pari al

  • 25% dell’importo della pensione se il reddito supera 3 volte il trattamento minimo annuale di pensione (20.087,73 euro);
  • 40% se il reddito supera di 4 volte il trattamento minimo (26.783,64 euro);
  • 50% se supera di 5 volte l’importo del trattamento minimo (33.479,55 euro).

Detti importi sono riferiti all’anno 2020 e calcolati sulla base del trattamento minimo per il 2020 pari a 515,07 euro al mese. Valore che non è cambiato per il 2021 essendo l’inflazione negativa.

Quando spetta la pensione di reversibilità

Il diritto alla pensione di reversibilità sorge al momento del decesso del pensionato o del lavoratore avente diritto alla pensione (in questo caso si parla di pensione diretta calcolata dall’Inps sugli anni di contributi versati) e ha lo scopo di fornire sostegno economico alla famiglia qualora l’assegno dell’Inps sia importante fonte di reddito per il coniuge e per i figli.

Per godere della pensione diretta è però necessario che l’assicurato abbia versato almeno 15 anni di contributi nel corso della vita assicurativa o, in alternativa, almeno 5 anni di contributi di cui 3 negli ultimi cinque.