Esiste un numero minimo di anni di matrimonio utili per maturare il diritto alla pensione a superstiti (pensione di reversibilità)? Secondo i giudici no: la cd norma anti badanti, anche se ovviamente non riguardava solo i casi di matrimonio con assistenti domiciliari, è stata considerata anti costituzionali. La sentenza che ci spiega meglio l’interpretazione data è la n. 174 del 20 luglio 2016.

La norma in analisi prevedeva una riduzione del 10% per ogni anno inferiore ai dieci qualora la differenza di età tra i coniugi fosse superiore al ventennio e il coniuge deceduto avesse almeno 70 anni.

Insomma l’intento della legge appare chiaro: scongiurare il rischio di matrimoni di convenienza per accaparrarsi il diritto alla pensione di reversibilità (eventualmente anche in danno ad altri eredi). Dunque il limite non riguardava esplicitamente il rapporto di lavoro ma di fatto, puntando anche alla differenza di età tra marito e moglie e all’anzianità del de cuius, si applicava a molti matrimoni tra badante e assistito. Ma come evitare che, in questo modo, non fossero penalizzati matrimoni basati sul sentimento? Impossibile. Tanto che la Corte Costituzionale ha ritenuto che la legge violasse i principi di uguaglianza e ragionevolezza, nonché il principio di solidarietà che, peraltro, è posto alla base del concetto di pensione di reversibilità. 

Sull’incostituzionalità della norma è espressamente intervenuto anche l’Inps: nella circolare n.178/2016, richiamando la sentenza sopra citata, l’ente ribadisce l’illegittimità della legge legge del 15 luglio 2011, n. 111 laddove  prevedeva che “Con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1° gennaio 2012 l’aliquota percentuale della pensione a favore dei superstiti di assicurato e pensionato nell’ambito del regime dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme esclusive o sostitutive di detto regime, nonché della gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è ridotta, nei casi in cui il matrimonio con il dante causa sia stato contratto ad età del medesimo superiori a settanta anni e la differenza di età tra i coniugi sia superiore a venti anni, del 10 per cento in ragione di ogni anno di matrimonio con il dante causa mancante rispetto al numero di 10. Nei casi di frazione di anno la predetta riduzione percentuale è proporzionalmente rideterminata. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano nei casi di presenza di figli di minore età, studenti, ovvero inabili. Resta fermo il regime di cumulabilità disciplinato dall’articolo 1, comma 41, della predetta legge n. 335 del 1995”.