Il sistema pensioni italiano è tra i più rigidi dei Paesi occidentali. L’età pensionabile in Italia è tra le più alte dal momento che si esce a 67 anni con la pensione di vecchiaia, ma anche a 71 anni per i contributivi puri che sono senza contribuzione al 31 dicembre 1995. Inoltre le misure di pensionamento anticipato in Italia spesso sono misure tampone, limitate come platee e piuttosto difficili da centrare.

Tutte queste cose che abbiamo riportato, sono affermazioni comuni a molti quando si parla di pensioni.

Ma oggi ogni singola affermazione tra quelle prima elencate, può passare per essere considerato un semplice luogo comune. Perché mentre la Premier in persona, cioè il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni conferma la riapertura del tavolo della riforma delle pensioni, emergono dati in controtendenza con il credo popolare. In Italia si va in pensione abbastanza presto come età, e non come si pensa, solo ad una età piuttosto avanzata.

“Buonasera, sono un lavoratore che si trova a 60 anni ad avere quasi i 42 anni e 10 mesi di contributi versati. Credo che entro fine anno raggiungerò questa soglia. Dovrei poter andare in pensione quindi, ma se davvero entrerà in vigore una riforma, corro qualche rischio se a conti fatti la mia finestra di pensionamento sarà a inizio 2024?”

La riforma delle pensioni si farà, ecco che riapre il cantiere, a giugno nuovi summit governo-sindacati

Il quesito del nostro lettore è di quelli che dimostrano come le tante “chiacchiere” che si fanno sul sistema previdenziale italiano, generano solo tanta confusione in materia. Il nostro lettore non corre rischi per diversi motivi. in primo luogo perché parla di una carriera contributiva che è sufficiente per una misura pilastro del sistema che è la pensione anticipata ordinaria. Questa misura fino al 2026 avrà i requisiti congelati a quelli odierni. Pertanto potranno andare in pensione indipendentemente dall’età, quanti raggiungono i 42 anni e 10 mesi di contributi versati.

Inoltre nel sistema vige la cristallizzazione del diritto.

In pratica chiunque raggiunge i requisiti per una pensione entro la data in cui la misura è attiva, non corre pericoli anche se rimanda l’uscita. Potrà godere di quella misura ormai maturata, anche negli anni a venire. Ma il quesito del nostro lettore ci riporta anche alla stretta attualità. Perché ci consente di aprire a parlare di riforma delle pensioni. Con il cantiere che riparte, dopo che lo ha annunciato alle parti sociali la Premier Giorgia Meloni nell’incontro di ieri 30 maggio a Palazzo Chigi.

Cosa è cambiato nel 2012 con il varo della riforma delle pensioni di Elsa Fornero

Riforma o no, restano particolari i dati che emergono da studi statistici che la Corte dei conti nel rapporto sul coordinamento della finanza pubblica ha presentato. La riforma delle pensioni è necessaria perché la riforma Fornero ha inasprito molto i requisiti per le pensioni. Anche questa è una affermazione ormai largamente diffusa.

C’è da considerare che le pensioni di vecchiaia prima della Fornero si centravano con 65 anni di età per gli uomini, 60 anni di età per le donne del settore privato e 61 anni di età per le donne nel pubblico impiego. Adesso invece, tutti a 67 anni, tranne che per i contributivi puri (soggetti che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995), ai quali se non centrano una pensione pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale, la pensione viene posticipata ai 71 anni. Per le anticipate, che prima della Fornero si chiamavano pensioni di anzianità, si usciva dal lavoro a 40 anni di carriera senza limiti anagrafici. oggi invece servono rispettivamente per uomini e donne, 42 anni e 10 mesi e 41 anni e 10 mesi di contributi, sempre senza limiti di età.

I dati della Corte dei Conti e quelli che arriveranno dall’Osservatorio sulla spesa previdenziale

Il peggioramento è evidente, a tal punto che si rende necessaria la riforma a detta di molti.

E la conferma arriva della riapertura del tavolo di cui parla anche il quotidiano “Il Sole 24 Ore”. Dopo l’annuncio della Meloni, la riapertura del tavolo è indirizzata proprio a questa necessità. “Garantire la tenuta del sistema ed evitare il manifestarsi di una bomba sociale concentrando gli sforzi sulle pensioni future”, queste le priorità in materia pensioni che la Meloni ha messo sul tavolo.

Il nuovo Osservatorio istituito al Ministero del Lavoro per sostenere la riforma, avrà quindi un occhio anche per la sostenibilità del sistema. Naturalmente di fronte a questa eventuale riforma delle pensioni. Valutazioni necessarie per capire se si potrà arrivare alla quota 41 per tutti. Oppure ad una conferma meno limitativa di opzione donna. O ancora ad una estensione a più categorie dell’Ape sociale. E naturalmente si tratterà di verificare se proseguire o meno con l’esperienza della quota 103.

In pensione anticipata INPS a 61,2 anni di età per gli italiani

Dal mese di giugno quindi, ripartiranno i tavoli tecnici tra governo e sindacati sulle pensioni. A dar manforte all’operazione, il già citato Osservatorio sull’andamento della spesa previdenziale. Osservatorio che è stato istituito dal Ministro del Lavoro Marina Calderone, anche se i membri non sono stati ancora nominati. C’è da fare i conti con una spesa pensionistica dello Stato che cresce a un ritmo superiore al 7% l’anno. E si ripartirà anche da un dato oggettivo che è stato presentato dalla Corte dei Conti. Infatti nonostante dopo la quota 100 con combinazione 62+38, le misure di pensionamento anticipato sono state ridotte come portata (quota 102 con 64+38 e poi quota 103 con 62+41), si abbassa l’età media di uscita dal mondo del lavoro. Se fino al 2021 si usciva in media a 61,4 anni di età, nel 2022 l’età media dei pensionamenti anticipati è arrivata a 61,2 anni di età.

Età media di uscita abbastanza bassa per la pensione anticipata, ma non si parla di carriere contributive

In media di esce dal lavoro prima anche rispetto alla pensione flessibile a 62 anni che resta uno dei cavalli di battaglia delle parti sociali.

Un dato che rischia di essere preso in considerazione in maniera tale da limitare le ipotesi di avvantaggiare i lavoratori ancora di più. Anche se va considerato il fatto che a fronte di una uscita media così bassa, le carriere contributive necessarie per uscire prima dei 62 anni di età sono enormi. Come dimostra il nostro lettore che evidentemente ha iniziato a lavorare prima dei 19 anni. Perché già oggi che ne ha 60, ha maturato quasi 43 anni di contributi. E non è certo frequente trovare lavoratori con carriere così lunghe e soprattutto continue fin da giovani.