Grazie alla introduzione nel sistema pensionistico italiano della quota 103 a partire dal primo gennaio prossimo, probabilmente i lavoratori a 62 anni di età con 41 anni di contributi versati potranno accedere finalmente alla loro quiescenza. 62 anni effettivamente è una età piuttosto bassa per poter accedere alla pensione e quindi a primo impatto si tratta di una misura abbastanza favorevole per la stragrande maggioranza dei lavoratori. Esiste qualcosa però che rischia di non far quadrare i conti per chi sceglie di andare in pensione con la nuova quota 103.
Ci sono dei fattori da tenere in considerazione che adesso andremo ad analizzare anche in risposta ad un quesito molto intelligente di un nostro lavoratore che ci scrive chiedendo spiegazioni proprio su questa nuova misura del governo Meloni.
“Buonasera, mi chiamo Andrea e vorrei da voi un giudizio su un mio pensiero riguardo alla nuova quota 103 che il governo ha deciso di introdurre. A febbraio compio 62 anni di età e nel 2023, se non erro ad aprile, completerò anche i 41 anni di contributi. Punto quindi alla pensione anticipata con la nuova misura. L’azienda per cui lavoro non sta vivendo un momento florido dal punto di vista produttivo ed economico e quindi non è detto che riuscirò a continuare a lavorare fino ai 42 anni e 10 mesi di contribuzione utile alla pensione anticipata che l’INPS prevede oggi. Non è detto quindi che il mio datore di lavoro non mi licenzi già nel 2023. Sperando che non lo faccia prima di farmi arrivare ai 41 anni di contributi versati, volevo chiedervi una cosa che adesso mi è venuta in mente riflettendo sulla nuova misura del governo. Se vengo licenziato ed ho già maturato i 41 anni di contributi versati, potrei avere il diritto di accedere alla Naspi. Credo di aver già maturato il diritto a due anni di disoccupazione INPS. Secondo voi non sarebbe più conveniente farmi tutti i due anni di disoccupazione che mi toccano senza necessariamente dover andare in pensione subito con la quota 103?”

Posso andare sia in pensione che in Naspi, quale conviene di più?

Naspi

Foto: Web

La richiesta del nostro lettore e di quelle che consentono alla nostra redazione di affrontare uno degli argomenti principali del sistema previdenziale italiano che è quello del calcolo della prestazione.
Un quesito davvero interessante e di cui ringraziamo il nostro lettore perché apre le porte ad un’analisi approfondita delle regole di pensionamento attuali e della nuova quota 103 introdotta dal governo Meloni. In estrema sintesi, la quota 103 permette di andare in pensione ai lavoratori che nel 2023 riusciranno a maturare sia i 62 anni di età che i 41 anni di contributi versati. inutile dire che già a prima vista la misura sembra piuttosto riduttiva proprio in virtù dei 41 anni di contributi necessari per sfruttarla.

Quota 103, non sempre la pensione anticipata è di 5 anni prima

La pubblicità fatta alla quota 103, prende a riferimento probabilmente solo l’età anagrafica utile alla pensione. Infatti si dice comunemente che si consente l’uscita cinque anni prima. Ed effettivamente è così se si considera che l’età pensionabile per la pensione di vecchiaia ordinaria è a 67 anni. Uscire a 62 anni significa proprio uscire cinque anni prima rispetto alle regole ordinarie. Ma va detto che 41 di contributi versati rispetto ai 42 anni e 10 mesi che per gli uomini significano pensionamento anticipato ordinario, sono soltanto due anni in meno. Significa che potenzialmente un lavoratore che rientra nel perimetro della quota 103 nel 2023, potrebbe continuare a lavorare altri due anni uscendo dal lavoro nel 2025 con la pensione anticipata ordinaria.

Tutto dipende da caso a caso, ecco la guida alla convenienza di quota 103

Un vantaggio quindi che diventa meno netto per questo genere di lavoratore, soprattutto per chi può tranquillamente continuare a lavorare, sia come salute della propria azienda che come forza fisica e mentale disponibile da parte sua.
Diverso il caso di chi invece ha perso il lavoro. In questo caso è evidente che alternativa alla quota 103 non esiste. Il diretto interessato dovrebbe restare per 5 anni senza reddito nel caso in cui un nuovo lavoro non venga trovato. E probabilmente l’identikit preciso del soggetto a cui la quota 103 può fare comodo è proprio il disoccupato privo di altre possibilità. Una cosa che non è il caso per il nostro lettore, poiché sta ancora lavorando e potrebbe godere in caso di perdita di quest’ultimo posto di lavoro, di due anni di disoccupazione indennizzata INPS. In questo caso probabilmente, troviamo un’alternativa valida alla quota 103, e forse a conti fatti addirittura migliore. Un’alternativa che parte proprio dalla Naspi, cioè della nuova assicurazione sociale per l’impiego dell’INPS.

Come funziona la NASPI per durata e importo

Chi ha lavorato negli ultimi quattro anni ininterrottamente, nel momento in cui perde il proprio posto di lavoro ha diritto alla Naspi. Sempre che lo perda per motivi indipendenti dalla sua volontà. Cioè per licenziamento, dimissioni per giusta causa o altre procedure che non dipendono dalla volontà del lavoratore. può accedere a due anni di Naspi. La coincidenza vuole che per un lavoratore che ha raggiunto già i 62 anni di età ed i 41 anni di contributi versati come il nostro lettore dice di contare di fare nel 2023, la Naspi diventa concorrente della quota 103. E per alcuni aspetti migliora la situazione del lavoratore anche se non dal punto di vista reddituale. La Naspi è pari al 75% dello stipendio percepito negli ultimi 4 anni, e parliamo di stipendio lordo e utile ai fini assicurativi. Inoltre dopo i primi mesi di fruizione del beneficio, la Naspi si riduce del 3% al mese e quindi scende di importo. Comunemente si dice che la Naspi tra il primo mese di fruizione e il 24imo, cioè l’ultimo dei 24 mesi periodo indennizzato, si riduce fino alla metà.
Significa perdere potere reddituale, ed è un fattore da valutare. E che inevitabilmente spinge l’ipotetico beneficiario della Naspi o della quota 103 ad optare per la seconda soluzione.

A 64 anni di età si prende più che a 62 anni, con la pensione anticipata

Effettivamente uscire dal lavoro con la quota 103 permetterebbe al lavoratore di incassare una pensione calcolata in base ai contributi versati a quella data. E quanto si percepirebbe con la quota 103 non può essere paragonabile a quanto invece si percepirebbe di Naspi. Soprattutto negli ultimi mesi di fruizione dei beneficio. C’è però un rovescio della medaglia che va considerato e che potrebbe ribaltare la convenienza ad una delle due misure. Infatti uscendo dal lavoro a 62 anni di età con 41 anni di contributi versati, significa una pensione calcolata con coefficienti di trasformazione del montante contributivo in pensione, meno favorevoli. Aspettando invece altri due anni, anche se passati in disoccupazione, tutto migliora. Significa uscire a 64 anni di età e quindi con un trattamento dal punto di vista dei coefficienti di trasformazione, migliore.

Come incide la contribuzione figurativa sulla pensione anticipata

Già solo come età di uscita, l’attesa potrebbe dare i suoi frutti. I due anni trascorsi in Naspi garantiscono al lavoratore una contribuzione figurativa. Versamenti che potrebbero arrivare a garantire al lavoratore stesso una prestazione pensionistica più alta nel momento in cui esce dal lavoro definitivamente. Si può sfruttare la contribuzione figurativa in aggiunta ai coefficienti migliori. Due anni in più di contribuzione potrebbero essere utili al calcolo della pensione. Non inciderebbe il fattore dei 35 anni di contribuzione effettiva da centrare. Perché questo vale sia per la quota 103 che per le pensioni anticipate ordinarie. E quindi chi può scegliere la quota 103 si desume che abbia già completato i 35 anni effettivi. Aspettare i 64 anni di età evitando la quota 103 potrebbe essere una soluzione migliore in molti casi.