Andare in pensione a 62 anni di età, ma con delle penalizzazioni sull’assegno. Oppure, a partire dal 2023, potrebbe tornare in auge lo scalone della riforma Fornero. Perché per il prossimo anno il ritiro dal lavoro potrebbe essere condizionato da queste possibili due scelte.

In particolare, quella della pensione a 62 anni, con il ricalcolo dell’assegno con il sistema contributivo, è una delle ipotesi sul tavolo. Precisamente, al tavolo di confronto sulla flessibilità in uscita. Tra il Governo italiano che è guidato dal presidente del Consiglio Mario Draghi.

Ed i Sindacati di Cgil, Cisl e Uil.

Pensione a 62 anni: penalizzazione come compromesso o ritorno alla Fornero?

Oppure, il compromesso per il prossimo anno potrebbe anche non essere quello della pensione a 62 anni. Bensì a 63 o 64 anni ma pagando. Ovverosia, con l’erogazione a favore del lavoratore di un assegno INPS più basso. E con penalizzazioni rilevanti rispetto alla maturazione dei 67 anni di età per il ritiro dal lavoro con la pensione di vecchiaia.

Per andare in pensione a partire dai 62 anni, non a caso, il Governo italiano deve far quadrare i conti della previdenza pubblica nel medio e nel lungo termine. Ragion per cui dal 2023 la libertà di andare in pensione 5 anni prima, rispetto alla prestazione INPS di vecchiaia, sarebbe proprio a carico del lavoratore che, esercitando l’opzione, si ritirerebbe con un importo mensile della pensione che sarebbe sostanzialmente ribassato.

Il dilemma della flessibilità in uscita dal prossimo anno

In realtà, per il compromesso sulla pensione a 62 anni con le penalizzazioni siamo ancora in alto mare. Visto che il Governo italiano ha fatto questa proposta che è stata sostanzialmente rigettata dai Sindacati. In più, il dialogo con l’Esecutivo guidato dal premier Mario Draghi è attualmente sospeso a causa della guerra in Ucraina. Quindi, al momento per le pensioni dal 2023, in tutto e per tutto, si naviga a vista.