Opzione Donna sarà prorogata di un altro anno, fino a fine 2023. Ma con alcune novità che il Governo ha proposto al Parlamento per premiare le lavoratrici con figli allo scopo di incentivare la natalità nel nostro Paese.

Non sarà quindi tutto come prima. Il governo Meloni ha infatti previsto alcune modifiche che nella sostanza incideranno sul requisito anagrafico per accedere a Opzione Donna. Oltre al fatto che dovrebbe sparire il divario di un anno fra lavoratrici dipendenti e autonome.

Opzione Donna, si accede a 60 anni con restrizioni

Quindi dal 2023 tutte le lavoratrici potranno andare in pensione a partire dalla stessa età.

Non più 58 anni per le dipendenti e 59 per le autonome, ma 58 anni per tutte. Tuttavia questa soglia di età sarà condizionata alla natalità. In pratica il requisito anagrafico previsto per Opzione Donna resterà fermo a 58 anni solo per coloro che hanno figli.

Secondo quanto proposto dal governo, dal prossimo anno la soglia anagrafica sarà variabile in base al numero dei figli. Uno sconto già previsto per altre forme di pensionamento, come Ape Sociale o la pensione di vecchiaia. La misura prevede, nel dettaglio, che il requisito contributivo rimanga fisso a 35 anni. Ma quello anagrafico minimo dovrebbe cambiare nel seguente modo:

  • 58 anni per le lavoratrici con almeno 2 figli;
  • 59 anni per le lavoratrici con almeno 1 figlio;
  • 60 anni per le lavoratrici senza figli.

Inoltre potranno andare in pensione con Opzione Donna solo le lavoratrici appartenenti a tre categorie:

  • essere caregiver, ovvero chi assiste un coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap;
  • avere una invalidità uguale o superiore al 74%;:
  • essere stata licenziata o lavorare per un’impresa per la quale è attivo un tavolo di crisi.

Si tratta di modifiche che hanno anche lo scopo di limitare l’accesso alla pensione al di sotto dei 60 anni, come anche chiesto sempre dall’Unione Europea.

Ma ha anche lo scopo di ridurre i costi previdenziali.

In pensione con la finestra ridotta

Come noto Opzione Donna prevede che la pensione sia calcolata con il solo sistema contributivo. Quindi con un meccanismo che prevede la migrazione dei contributi versati nel sistema retributivo (ante 1996) a quello contributivo. Ne deriva una penalizzazione più o meno significativa base al numero di contributi versati prima del 1996.

Tuttavia, a differenza di quanto racconta la disinformazione della generalità dei media, è opportuno precisare che la penalizzazione della pensione con Opzione Donna scaturisce più che altro dall’età in cui si ottiene la rendita.

Il coefficiente di trasformazione applicato al montante contributivo di una lavoratrice a 58 anni è decisamente più basso di quello applicato a una lavoratrice di 67 anni. Anche tenuto conto della differenza fra calcolo contributivo puro e misto.  Quindi è l’età del pensionamento che fa diminuire in prospettiva l’importo della pensione.

A compensazione di questa penalità, si sta valutando se ridurre i tempi di attesa della pensione con Opzione Donna. Oggi sono di 12 mesi (18 per le autonome) dalla maturazione dei requisiti. Ma lo sapremo con l’approvazione della legge di bilancio.