Ci sono lavoratori che possono godere di una pensione anticipata che prescinde dalle novità del governo perché hanno le caratteristiche idonee ad una particolare misura strutturale del sistema. La misura si chiama pensione anticipata contributiva, mentre i soggetti a cui è destinata si chiamano contributivi puri. La misura permette una uscita dal mondo del lavoro a partire dai 64 anni di età con solo 20 anni di contributi previdenziali versati. Ma nel sistema previdenziale sta per accadere una cosa che rischia di mettere i bastoni tra le ruote a quanti in questa misura pensavano di poter contare per il 2023.

Ed è un evento che non dipende da novità previdenziali figlie di manovre o interventi normativi. Il tutto dipende dal meccanismo di indicizzazione delle pensioni e dei trattamenti INPS che da favorevole indubbiamente per molti, si trasforma in penalizzante per qualcuno.

“Gentile redazione, volevo sapere se alla luce delle novità e dei cambiamenti di queste ultime giornate, la pensione anticipata contributiva per chi come me non ha versamenti prima del 1996 sarà utilizzabile anche nel 2023. Infatti avevo calcolato come data di uscita dal lavoro il mese di marzo 2023 dal momento che compio 64 anni di età. Avendo già 21 anni di contributi oggi, dovrei avere diritto a questa misura.”

La pensione anticipata contributiva, requisiti, regole e meccanismo

La pensione anticipata contributiva è una misura che ormai fa parte integrante del sistema. Infatti nella scheda relativa alle pensioni anticipate ordinarie dell’INPS c’è anche questa che nello specifico riguarda i soggetti che non hanno versamenti al 31 dicembre 1995. Si tratta dei cosiddetti contributivi puri. Per loro oltre alla classica pensione anticipata ordinaria, che senza limiti di età si centra con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne, c’è anche questa forma particolare di pensionamento anticipato. Per potervi accedere serve rispettare tutte le condizioni prestabilite che sono:

  • Primo contributo versato a partire dal 1° giugno 1996;
  • Almeno 64 anni di età compiuti alla data di presentazione della domanda;
  • Almeno 20 anni di contributi versati alla stessa data;
  • Una pensione liquidata alla data di decorrenza in misura non inferiore a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale vigente.

Pensione 2023 rimandata per gli sfortunati a cui l’aumento dei trattamenti INPS nuoce

Proprio uno dei requisiti prima citati è ciò che potrebbe nuocere a diversi lavoratori, tra cui il nostro lettore, con conseguente perdita del diritto al trattamento nel 2023.

Infatti stando a ciò che si evince, tra dati ISTAT, inflazione, aumento del costo della vita e regole di calcolo dei trattamenti tanto previdenziali che assistenziali, l’indicizzazione può essere controproducente. L’aumento del costo della vita dall’INPS viene calmierato per quanto riguarda i trattamenti, con un aumento di questi ultimi. E per via della grande inflazione di questi ultimi tempi, l’aumento di questi trattamenti sarà piuttosto ingente nel 2023. L’adeguamento delle pensioni al tasso di inflazione porterà per esempio le pensioni minime a salire a 563,73 euro al mese a partire dal 1° gennaio 2023. Aumento cospicuo pure per l’assegno sociale, che salirà da 468,28 euro al mese del 2022, a 493,88 euro sempre mensili dal primo gennaio prossimo. E se tra i requisiti previsti per la pensione anticipata contributiva c’è il collegamento all’assegno sociale, ecco che il rischio concreto di finire fuori parametro è elevato.

A quanto deve ammontare la pensione per essere liquidata con l’anticipata contributiva nel 2023

In pratica ci sono dei limiti di importo da rispettare per poter rientrare nella pensione anticipata contributiva. A dire il vero per i contributivi puri esistono dei limiti di importo da rispettare anche per rientrare nella pensione di vecchiaia  ordinaria. Infatti limiti ne esistono anche per la pensione a 67 anni di età con 20 anni di contributi.

In questo caso il limite è più basso rispetto a quello della pensione anticipata contributiva. Ma non cambiano gli effetti e i potenziali rischi di perdere il treno del pensionamento nel 2023.

I limiti della pensione anticipata contributiva

Per accedere alla pensione anticipata ordinaria con 64 anni di età e 20 di contributi nel 2022, il limite era inferiore. Bisognava riuscire a centrare una pensione nell’ordine di 1.311 euro al mese circa. Questo in virtù del fatto che per l’anno 2022 l’assegno sociale era pari a 468,28 euro al mese e che 2,8 volte questo importo da esattamente 1.311,18 euro. Per via dell’incremento dell’assegno sociale, dal 2023 dovrebbe servire una pensione pari a 1.382,62 euro al mese per centrare l’anticipata contributiva. Il nostro lettore deve fare conto su questo nuovo parametro che riguarda l’importo dell’assegno sociale da 493,88 euro al mese. E 2,8 volte questo importo produce una pensione minima pari a 1.382,62 euro.

Rimandata a 71 anni la pensione di vecchiaia per i contributivi puri?

Un contributivo puro con 64 anni di età rischia di dover rimandare la pensione agli anni successivi per colpa di quello che produrrà l’indicizzazione dei trattamenti INPS al tasso di inflazione. Ma lo stesso succederà agli stessi contributivi che puntano alla pensione di vecchiaia ordinaria. In questo caso il limite di assegno utile ad uscire a 67 anni di età con 20 anni di contributi è pari ad 1,5 volte l’assegno sociale. Nel 2022 questo vincolo fissava la soglia a 703 euro circa al mese. Con il valore dell’assegno sociale aumentato, nel 2023 servirà una pensione di circa 710 euro al mese per poter uscire anche solo a 67 anni di età.

Ecco chi corre più rischi

Chi non ha avuto la fortuna di avere stipendio elevato per una intera carriera, seppur di soli 20 anni di contributi, corre un serio rischio. Infatti non è difficile passare da una potenziale pensione a 64 anni come normativa per i contributivi puri, ad una a 71 anni di età. Infatti per chi non riesce a centrare l’importo della pensione minima prevista (e con 20 anni di contributi non è difficile scendere sotto i 700 euro al mese), l’alternativa è l’uscita a 71 anni.

Quando non conterà più l’importo della prestazione e i contributi versati sufficienti diventeranno pari a soli 5 anni.