Non si fa altro che parlare di pensione anticipata o anticipo pensionistico ma c’è anche chi non ha intenzione di lasciare il proprio posto di lavoro per mettersi a riposo, per i più svariati motivi: raggiungere una pensione più elevata, amore verso il proprio lavoro, paura di sentirsi inutili una volta in pensione.

Per i dipendenti pubblici e per i dipendenti privati il pensionamento forzato è leggermente diverso e in questo articolo parleremo di quello che riguarda i dipendenti pubblici.

Per i dipendenti pubblici, infatti, una volta che si raggiungono i requisiti che permettono l’accesso alla pensione subentra l’obbligo di cessazione dal servizio.

Le ipotesi di pensionamento forzato, da parte della pubblica amministrazione, sono 3 e di seguito le vedremo nei dettagli scoprendo quanto il pensionamento è a discrezione dell’amministrazione, quando è obbligato e quando, invece, il dipendente può prolungare il servizio.

  1. Quando raggiunge l’età di accesso alla pensione di vecchiaia, nel 2017 66 anni e 7 mesi, il dipendente che possiede almeno 20 anni di contribuzione è posto in pensionamento forzato con la cessazione obbligatoria dal servizio.
  2. Se il dipendente, invece, raggiunge i limiti per accedere alle pensione anticipata, ovvero 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne nel 2017, pur maturando i requisiti per accedere ad un pensionamento non può essere messo a riposo forzato se non al raggiungimento dei 62 anni di età. Questo perché la circolare sull’argomento chiarisce che il pensionamento forzato per pensione anticipata non può essere imposto prima del compimento dei 62 anni (parametro  prima necessario per non incorrere in penalizzazione sull’assegno pensionistico). Anche se con la legge di Bilancio 2017 le penalizzazioni sono state abolite definitivamente la norma sulla cessazione unilaterale dal servizio non è stata modificata e il pensionamento forzato, quindi, resta applicabile soltanto al compimento dei 62 anni.
  3. Una terza ipotesi prevede, invece, il proseguimento del rapporto di lavoro oltre i limiti di età previsti per l’accesso alla pensione di vecchiaia qualora il dipendente non ha maturato i requisiti contributivi minimi per accedere alla pensione (ovvero contributi versati per almeno 20 anni).
    In ogni caso, non si può superare il settantesimo anno di età (in base agli adeguamenti di vita nel 2017 l’età massima è di 70 anni e 7 mesi) e la continuazione del servizio può essere concessa solo se nell’arco temporale in più che il dipendente lavorerebbe si raggiungono i requisiti contributivi minimi richiesti per il pensionamento.