“Si accettano miracoli”, recitava il titolo di un film di qualche anno fa. Oggi come oggi, si accetterebbe anche un mero aiuto, per quanto non risolutivo. Se persino le strade del risparmio, che fin qui avevano garantito un affrancamento dal grosso delle spese, vengono ostacolate dai dossi del rincaro, allora le cose si fanno davvero complicate. Il pellet rientra a pieno titolo fra le alternative al consumo ordinario di gas. Un impianto in grado di riscaldare l’ambiente bruciando legno derivato da scarti di lavorazione, chiaramente, accanto a un minore (anche se non nullo) impatto ambientale, pone una spesa decisamene più bassa per quel che riguarda l’approvvigionamento del materiale.

Condizioni che, finora, avevano reso piuttosto conveniente la strada del pellet, anche a fronte di un esborso per l’impianto di una stufa e per l’adeguamento degli ambienti domestici a un dispositivo diverso rispetto alla classica caldaia o ai termosifoni canonici. Chiaro che, nel momento in cui la scure dei rincari cade anche su materiali teoricamente meno esosi, tutto diventa più complicato. Anche se l’aumento dei prezzi di un combustibile come il pellet è naturalmente decisamente inferiore rispetto alla salite del costo del gas.

Pellet, le ragioni del rincaro

Del resto, era solo questione di tempo. Niente di strano a ben pensarci, visto che l’ombra lunga dei rincari ha finito per coprire anche le principali spese alimentari. Fatto sta che, in base alle logiche di mercato, pagare di più qualcosa che prima si pagava di meno, rende l’acquisto meno conveniente. Specie in un momento storico fatto di gravi problematiche sul piano economico e finanziario, soprattutto per le famiglie. C’è peraltro un ulteriore fattore da tenere in considerazione, ossia l’esaurimento delle scorte. Questo perché la richiesta di pellet, a seguito dell’aumento dei prezzi del gas, è sensibilmente cresciuta negli ultimi tempi.

Reperire materiale a fronte di una domanda sempre più elevata, ha giocoforza fatto lievitare i costi anche a monte, ossia per le società di fornitura. Nel giugno scorso, i costi della biomassa erano già praticamente raddoppiati rispetto al 2021. Il problema è che, parallelamente alla crescita dei prezzi, cominciano ad aumentare anche i rischi di truffa. Nello specifico sul web, dove siti meno “ufficiali” mettono a disposizione sacchi da 15 kg di pellet a costi straziati, salvo ottenere pagamenti anticipati e omettere di consegnare quanto promesso.

La proposta

Considerando che la piaga dei rincari colpisce però soprattutto i redditi più bassi, e che il contrasto al caro energia è subordinato a misure emergenziali che difficilmente vedranno la luce entro la fine del Governo Draghi, si sta cercando di operare un colpo di coda perlomeno per quel che riguarda il pellet. L’obiettivo è sgravare i consumatori perlomeno dalle ripercussioni indirette, ossia quelle derivanti dalla necessità dell’import da altri Paesi per sopperire alla carenza di materiale endemico. A lanciare la prima proposta è stato il Movimento 5 stelle, tramite il vicepresidente del gruppo alla Camera e coordinatore regionale in Friuli-Venezia Giulia, Luca Sut. L’idea è quella di far approvare last minute un emendamento al Dl Aiuti, abbassando perlomeno l’Iva sul combustibile, dal 22% al 10%. Questo andrebbe ad alleggerire il costo a carico delle famiglie, sforbiciando il livello del costo rincarato. Tanto per restare nel Friuli, come riferito da Sut, i prezzi sarebbero vicini ai 9 euro per un sacco da 15 chili, con possibilità di estensione fino a 12 euro. Il che, per un Paese come l’Italia che figura al primo posto per il consumo di pellet a uso domestico, sarebbe decisamente un pessimo affare.