La sanzione di 3.000 euro preista dalla manovra di bilancio 2023 per la partita IVA “apri e chiudi” rischia di creare conseguenze sui commercialisti ed altri intermediari (consulenti del lavoro, ecc.). Ecco perché altre parti politiche (i Partito Democratico in primis) e le associazioni di categorie (i tributaristi e commercialisti su tutti) stanno facendo pressioni sulla maggioranza per rivedere le cose.

In sostanza la norma inserita in manovra resterebbe, ma si chiede la cancellazione solo della responsabilità in solido del consulente a cui ci si rivolge per l’apertura delle c.

d. partite IVA flash. Ossia partite IVA fittizie che vengono aperte e poi chiuse dopo un po’ e prima che si debbano pagare le imposta allo Stato.

Cosa si stabilisce per la partita IVA apri e chiudi

Al fine di contrastare il fenomeno di partita iva apri e chiudi, il governo, nella manovra di bilancio 2023, ha previsto una norma in base alla quale alla richiesta di attribuzione di partita IVA, l’Agenzia delle Entrate, laddove a seguito di un’analisi di rischio ritiene opportuno, convoca il contribuente. La convocazione è diretta a chiedere l’esibizione di documentazione idonea a provare l’effettivo esercizio dell’attività e, quindi, l’assenza dei profili di rischio individuati.

Se il contribuente non si dovesse presentare oppure la documentazione presentata è considerata non idonea, l’Agenzia Entrate stessa emana un provvedimento di cessazione dell’attività. Contestualmente irroga una sanzione amministrativa di 3.000.

La responsabilità dell’intermediario

La norma stabilisce anche che, della citata sanzione di 3.000 euro per la partita IVA apri e chiude ne risponde in solido, insieme al contribuente, anche l’intermediario. Si tratta del commercialista, consulente del lavoro, ecc., a cui questi si è rivolto per l’invio del modello di attribuzione partita IVA (parliamo del Modello AA9/12).

Ricordiamo, infatti, che per le operazioni di apertura e chiusura di partita IVA, il cittadino può inviare il modello autonomamente oppure tramite intermediario incaricato.

Partita IVA apri e chiudi, l’intermediario non deve essere responsabile

La responsabilità in solido per l’intermediario prevista dalla finanziaria, andrebbe a creare come immediata conseguenza in capo all’intermediario stesso il rifiuto dell’incarico. Infatti, nulla obbliga il commercialista o altro consulente ad accettare l’incarico. L’obbligo sorge solo dopo l’accettazione.

Quindi, solo dopo l’accettazione dell’incarico il consulente è obbligato ad inviare il Modello AA9/12 del contribuente che vuole l’apertura della partita IVA.

Ad ogni modo, come già detto, sulla parte della manovra che prevede la responsabilità in solido del commercialista per la partita IVA apri e chiudi dei contribuenti, già avevano battuto il pugno sul tavolo, i tributaristi ed i commercialisti stessi.

Le due categorie evidenziano il fatto che l’intermediario non ha gli strumenti necessari per svolgere indagini, che peraltro dovrebbero competere all’Amministrazione finanziaria. A loro supporto arrivano le parti politiche dell’opposizione che ritengono del tutto irrazionale la misura.