L’Italia aiuta le aziende in difficoltà, poi però alcune fanno utili esentasse in Lussemburgo. E’ questo uno dei paradossi, non solo del fisco nostrano, ma anche dell’appartenenza del Paese all’Unione Europea.

Il Lussemburgo, piccolo stato fondatore della Ue, ospita poco meno di 650 mila cittadini residenti, ma vi sono centinaia di migliaia di società estere registrate legalmente che si avvalgono di un regime fiscale privilegiato. Per i cittadini residenti le aliquote fiscali sono elevate e in linea con la media Ue, ma per le imprese vi sono particolari vantaggi fiscali che ne favoriscono la costituzione nel Granducato.

Le cifre dell’elusione fiscale in Lussemburgo

Secondo un’indagine condotta da Il Sole 24 Ore, in Lussemburgo ogni dipendente di una multinazionale americana produce reddito (sotto forma di utili) per 8,8 milioni di dollari all’anno. Lo stesso dipendente in Italia ne produrrebbe 45 mila, in Francia 43 mila, in Germani 47 mila. La differenza, per dirla in parole povere, sta tutta nel regime di tassazione fiscale: in Lussemburgo le imprese pagano poco o nulla di tasse sui redditi rispetto agli altri paesi Ue. E dire che il Lussemburgo si trova al centro dell’Europa (non è ai Caraibi), fa parte della Ue e adotta l’euro come moneta ufficiale di scambio. Eppure nessuno dice nulla, nessuno protesta e al contempo a Bruxelles si adottano politiche di bilancio rigorose e stringenti verso i singoli Paesi dell’Unione.

No della Francia ad aiuti a imprese con sedi nei paradisi fiscali

Mentre in Italia si discute se e come concedere aiuti alle imprese in difficoltà con garanzia statale, la Francia ha negato tassativamente aiuti a quelle società che hanno succursali situate in paradisi fiscali. Nel bel mezzo della crisi economica da coronavirus, il Senato francese ha votato il divieto di concedere aiuti di Stato a qualsiasi impresa con succursali registrate in un paradiso fiscale.

La mossa fa seguito alle misure prese in Polonia e Danimarca che hanno adottato il pugno di ferro contro le società che operano nel Paese ma sono residenti nei paradisi d’oltreoceano. Provvedimento che – secondo gli esperti – lascia il tempo che trova poiché la Francia fa riferimento alla black list fiscale dell’Unione europea, quindi esclude a priori il Lussemburgo e altri Stati a tassazione privilegiata, come la Svizzera o i Paesi Bassi.

Tasse più basse anche in Olanda e Regno Unito

Ma torniamo all’Italia. Lo stato – secondo i consumatori – dovrebbe aiutare esclusivamente le piccole e medie imprese che producono utili e li dichiarano sul territorio nazionale dove vengono pagate le tasse. Finanziare aziende che poi fanno utili all’estero e quindi pagano in tutto o in parte le imposte altrove non è giusto e va a scapito di chi lavora sul territorio nazionale. Molte società hanno infatti succursali in Lussemburgo, Regno Unito, Paesi Bassi, dove le aliquote fiscali sono notoriamente più basse. Gli aiuti andrebbero preclusi, quindi, a chi ha succursali in paesi a fiscalità privilegiata. Le perdite maggiori durante l’emergenza coronavirus – secondo Il Sole 24 ore – sono riconducibili a quelle aziende che non hanno spostato capitali all’estero eludendo il fisco italiano. “A fronte della perdita di oltre 27 miliardi all’anno di imposte sulle società subite dagli altri paesi della Ue – scrive il quotidiano  – i quattro Stati che compongono l’asse dell’elusione fiscale hanno raccolto circa 4 miliardi di tasse sulle società aggiuntive all’anno. Per ogni dollaro di imposta sulle società raccolto da questi paesi, la Ue nel suo insieme ha perso quasi 7 dollari di imposte solo dalle multinazionali Usa”.