Ora più che mai riceviamo richieste di consulenza in merito alla pensione anticipata. Nella crisi dovuta al coronavirus, da un lato chi è prossimo alla pensione sta valutando di andare in pensione prima, dall’altro le aziende gestiscono in questo modo l’esubero di personale rapportato al calo di produzione.

Se parliamo di pensione anticipata donne, il riferimento è spesso all’opzione donna. Quest’ultima, lo ricordiamo, permette di smettere di lavorare e andare in pensione prima a 58 anni di età e con 35 anni di contributi accettando però al contempo il calcolo con sistema contributivo e penalizzazione sull’assegno che ne consegue.

Si accetta anche una finestra mobile di 12 mesi (18 per le autonome) prima di ricevere l’assegno pensione). Ma per quanto tempo va scontata questa penalizzazione sulla pensione? C’è un modo, una volta perfezionati i requisiti per la pensione anticipata o di vecchiaia, per passare al retributivo? Ce lo chiedono in molte quindi abbiamo deciso di rispondere con un articolo di approfondimento.

Leggi anche:

Penalizzazione Opzione Donna: quanto si perde rispetto allo stipendio

Che cos’è l’Opzione Donna e perché la penalizzazione resta

Il punto di vista delle lavoratrici è il seguente: con l’Opzione Donna si accetta la penalizzazione sull’assegno perché si smette di lavorare prima; una volta raggiunti i requisiti per la pensione di vecchiaia ha senso continuare a “scontare” la penalizzazione? La risposta è SI. E non perché ci sia una sorta di accanimento contro chi smette di lavorare prima tramite questo canale. La spiegazione va cercata nella natura dell’Opzione Donna: questa, infatti, è una vera e propria pensione, non un assegno di accompagnamento alla pensione (tipo isopensione). Per smettere di lavorare prima, si accetta un sistema di calcolo penalizzante basato sulla contribuzione accreditata (e rivalutata in base al Pil e sull’età pensionabile).

L’unico modo per incrementare l’assegno della pensione con opzione donna sarebbe dunque, eventualmente, quello di prevedere una pensione integrativa (salvo ovviamente l’ipotesi di ricalcolo dovuta ad errori Inps).

Tuttavia, se l’interessata prosegue con il lavoro ed il nuovo incarico successivo alla pensione preveda il  diritto all’accredito di nuovi contributi presso la stessa gestione previdenziale che eroga il trattamento pensionistico, ciò può comportare il diritto ad un supplemento di pensione. In altre parole, l’assegno  può essere incrementato considerando la nuova contribuzione accreditata, che dà luogo ad un ricalcolo della pensione. In quest’ipotesi può risultare particolarmente conveniente la gestione separata Inps.