Opzione donna è una misura che consente alle donne di andare in pensione con qualche anno di anticipo rispetto ai requisiti ordinari. Naturalmente non a tutte le donne è consentito. Soprattutto quest’anno che la proroga della misura è stata effettuata con diverse limitazioni rispetto al passato. Resta il fatto che si tratta di una misura che consente un netto anticipo rispetto ai requisiti ordinari per quanto riguarda il requisito anagrafico delle lavoratrici. L’unica controindicazione è quella dell’importo della prestazione perché presuppone il calcolo completamente contributivo della pensione con un taglio che in alcuni casi può superare anche il 30%.

Opzione donna, solo calcolo contributivo, ecco perché

Dal momento che sono stati raggiunti già 35 anni di contributi nel 2023, la lavoratrice non può non essere penalizzata. Infatti si tratta di lavoratrici che se non scelgono opzione donna, avrebbero diritto al calcolo misto della prestazione. Invece scegliendo Opzione donna il calcolo della pensione gioco forza è contributivo. Ma come si fa a capire se sia conveniente o meno scegliere Opzione donna e quali sono i calcoli da considerare? Questo è un argomento che necessita dei dovuti approfondimenti.

“Buongiorno sono Elvira una lavoratrice dipendente che ha appena compiuto i suoi 65 anni di età. Dal momento che ho 36 anni di contributi versati, credo di poter andare in pensione con Opzione donna e senza i vincoli sui figli e sulle categorie di appartenenza della misura odierna. Questo dal momento che ho completato i requisiti già nel 2022. Lo scorso anno non ho nemmeno provato a sfruttare la misura impaurita dal fatto che mi dicevano che è una misura altamente penalizzante dal punto di vista degli importi della prestazione. Dal momento che le mie condizioni di lavoro sono cambiate in peggio, oggi mi sento pronta per scegliere di lasciare il lavoro con Opzione donna. Ma la paura di essere penalizzata resta. Potete spiegarmi come funziona questa penalizzazione di assegno?”

 

Guida al calcolo della pensione tra Opzione donna e pensione ordinaria

opzione donna
Opzione donna come importo della pensione non può che essere penalizzante rispetto alla pensione ordinaria.

Prendiamo ad esempio la nostra lettrice. Lei ha 65 anni di età e 35 anni di contributi. Fossero identiche le regole di calcolo della pensione tra le due misure, e non lo sono, evidente che con la seconda si prenderebbe di più.

In primo luogo presupponendo che la lettrice continui a lavorare fino ai 67 anni, maturando ulteriori due anni di contributi. Inoltre come regole di calcolo della prestazione, uscire a 65 anni è diverso da farlo a 67. Perché più vecchi si esce dal lavoro, meglio è calcolata la pensione. Perché il montante contributivo viene moltiplicato per dei coefficienti in modo tale da trasformarla in pensione. E proprio questi coefficienti di trasformazione sono inversamente proporzionali all’età, nel senso che più in età avanzata si lascia il lavoro, più favorevoli al calcolo della pensione sono. Uscendo a 67 anni a parità di contributi, la pensione è più elevata rispetto a una uscita a 65 anni.

Opzione donna o pensione ordinaria, come si fa il calcolo dell’assegno

Senza entrare nel dettaglio di Opzione donna, che fino al 2022 permetteva l’uscita a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e a 59 per le autonome, mentre oggi a 60 anni (o meno in base ai figli avuti in determinate circostanze) ma solo per caregiver, invalide, disoccupate o occupate in aziende in crisi, ecco alcuni aspetti da considerare. Servono come minimo di contributi 35 anni di contributi.

L’importo della pensione si calcola con il sistema contributivo mentre chi esce con Opzione donna nel 2023 avrebbe diritto al calcolo retributivo almeno fino al 1996. Perché in presenza di almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, il calcolo retributivo sarebbe utile fino ai periodi di lavoro al 31 dicembre 2011.

Calcolo contributivo totale quindi, che significa una perdita tra il 20 e il 30% rispetto a una uscita con calcolo misto. Molto però dipende dal numero di anni in cui si è lavorato con il sistema retributivo e quindi prima del 1996, come spiegato in precedenza.

Una analisi oggettiva di Opzione donna, ecco perché adesso potrebbe avere più appeal

Il fatto che il Governo ha rinnovato opzione donna in maniera meno libera di prima limitando la platea delle beneficiarie, dimostra una cosa soprattutto. Dimostra che c’è il timore che la misura diventi particolarmente appetibile per una platea troppo vasta di lavoratrici. Arrivando a costare troppo per le casse statali. In questi anni di funzionamento di Opzione donna, la misura è stata scelta da poche. Evidentemente perché la riduzione dell’importo della pensione, alla luce di quanto detto prima, è ritenuta troppo penalizzante dalle potenziali beneficiarie.

Per esempio, chi come la nostra lettrice ha oggi 36 anni di contributi, si trova come minimo ad avere 7/8 anni di lavoro antecedenti il 1996. Ed è proprio su questi anni che si materializza il calcolo meno favorevole. Perché dovevano essere basati sulle retribuzioni e invece si deve scegliere di commisurarli al montante contributivo. Evidente che man mano che passano gli anni si accorciano gli anni di lavoro antecedenti il 1996. A tal punto che si conta di arrivare al 2031 con alcune lavoratrici che potrebbero prendere Opzione donna senza dover scegliere il contributivo come sistema di calcolo della prestazione. perché sarebbe l’unico utilizzabile non avendo contributi prima del 1996.