“L’uomo pospone o ricorda; non vive nel presente in atto, ma con l’occhio rivolto all’indietro sta a rimpiangere il passato, oppure, incurante delle ricchezze che lo circondano, si solleva in punta di piedi a prevedere il futuro. Non potrà essere felice e forte finché non viva anche lui con la natura nel presente, al di sopra del tempo“, affermava Ralph Waldo Emerson. In effetti per tutti noi risulta spesso difficile vivere appieno il presente.

In genere tendiamo a pensare sempre a quello che ci riserverà il futuro; senza però dimenticare di volgere un occhio di riguardo al passato.

 Un modus operandi che caratterizza anche i governi. Quest’ultimi, infatti, cercano di mettere in atto delle nuove misure volte a favorire la crescita economica del Paese. Il tutto cambiando, il più delle volte, delle regole preesistenti. È quanto successo con Opzione Donna, modificato dal governo Meloni e che sembra destinato a non tornare più come prima. Ecco cosa c’è da sapere.

Legge di bilancio 2023, come si cambia…

Attraverso la Manovra 2023 il Governo ha introdotto delle restrizioni a Opzione donna. Entrando nei dettagli, così come si evince dal sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è stata:

“Prorogata per il 2023 “Opzione donna” con modifiche: in pensione a 58 anni con due figli o più, 59 con un figlio, 60 altri casi. “Opzione donna” è riservata a particolari categorie: caregiver, invalide (invalidità superiore o uguale al 74%) e lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende per le quali è attivo un tavolo di crisi”.

Opzione Donna, indietro non si torna

Le restrizioni apportate a Opzione Donna hanno destato un bel po’ di polemiche, con molti che sperano in un ritorno al passato. Una speranza che sembra essere, almeno per il momento, un’utopia. Alla Camera, infatti, sono state respinte le mozioni delle opposizioni che chiedevano il ripristino della vecchia versione di Opzione Donna.

Ovvero la possibilità di andare in pensione all’età di 58 anni, 59 anni per le lavoratrici autonomi, a patto di aver maturato 35 anni di contributi.

Approvata, invece, una mozione di maggioranza in base a cui il Governo dovrebbe attuare delle iniziative volte a contrastare il divario pensionistico di genere, attestato dai dati sull’andamento delle pensioni erogate dall’Inps. Il tutto individuando:

compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, nell’ambito delle riforme del sistema pensionistico forme di flessibilità di accesso per le donne al trattamento pensionistico e/o di anticipo pensionistico” e “a studiare formule innovative per integrare le prestazioni lavorative con i tempi di vita e di cura“.

È bene sottolineare che si tratta di mozioni parlamentari, ovvero mere richieste del Parlamento al Governo. Non sono, quindi, impegni vincolanti e nemmeno norme destinate a entrare ufficialmente in vigore. Al momento non è dato sapere quali misure metterà effettivamente in atto il governo al fine di apportare dei correttivi al sistema pensionistico italiano.

Non resta quindi che attendere la prossima legge di bilancio per vedere se verrà finalmente attuata la tanto attesa riforma delle pensioni; oppure si assisterà solamente alla proroga di alcune misure in vigore come, appunto, Opzione Donna.