Opzione Donna sarà quasi sicuramente prorogata anche nel 2022. Questo rappresenta un successo per le lavoratrici che potranno lasciare il lavoro prima della maturazione dei requisiti ordinari.

Come noto, Opzione Donna prevede l’uscita anticipata dal lavoro a 58 anni di età (59 per le autonome) con almeno 35 anni di contributi versati. La pensione, però, decorre dopo 12 mesi dalla richiesta (dopo 18 per le autonome).

Opzione Donna 2022, la penalizzazione

Chi decide di andare in pensione con Opzione Donna, però, deve mettere in conto una forte penalizzazione dell’assegno.

La legge prevede infatti che le lavoratrici che scelgono di abbandonare il lavoro prima del tempo subiscano una forte penalizzazione.

Essa ruota sostanzialmente intorno al sistema di calcolo della pensione che avviene esclusivamente con il metodo contributivo. In pratica, i periodi di lavoro e i versamenti che ricadono nel sistema retributivo (ante 1996) vengono “migrati” e considerati come se fossero avvenuti nel sistema contributivo.

Quindi, addio al sistema misto e liquidazione della pensione solo sulla base dei contributi versati. Non solo. Vi è poi da considerare il coefficiente di trasformazione del montante contributivo che a 58 anni è più basso rispetto ai 67 anni previsti dalla pensione di vecchiaia.

Quanto si perde di pensione

Ma veniamo alle simulazioni di calcolo per chi decide di andare in pensione con Opzione Donna nel 2022. Prendiamo ad esempio una impiegata di medio livello che ha versato 7.000 euro all’anno di contributi per 35 anni.

Si ritrova un monte contributivo di 245 mila euro (escludendo la rivalutazione) che, in base al relativo coefficiente di trasformazione (4,289%) genera una pensione di 10.508 euro all’anno. Un importo che equivale a 808 euro lordi al mese.

La stessa lavoratrice andando in pensione a 67 anni con lo stesso monte contributivo, ma con coefficiente di trasformazione più alto (5,575%) riceverebbe un assegno di 13.658 euro, pari a 1.050 euro al mese. Quindi il 23% in più solo considerando la differenza di età anagrafica.

Se poi a ciò aggiungiamo il fatto che, fermo restando l’anzianità contributiva di 35 anni, a 67 di età la lavoratrice potrebbe andare in pensione con il sistema di calcolo misto, la differenza sarebbe molto più ampia. Può arrivare alche al 30% in base al quantitativo di contributi versati prima del 1996.