Tra le tutele che lo Stato riconosce alle aziende e i lavoratori in difficoltà rientra la cassa integrazione, un aiuto economico che integra o sostituisce la retribuzione degli impiegati a cui è stata sospesa o ridotta l’attività per situazioni dovute a eventi transitori e non imputabili a loro o all’impresa. Tali momenti di crisi, tuttavia, possono durare più del dovuto, fino a costringere i datori di lavoro a dover licenziare i propri dipendenti, quando e se mancano le risorse per un loro reinserimento.

In questo caso, dunque, avviene il passaggio dalla cassa integrazione alla disoccupazione, per cui valgono regole e deroghe ben precise rispetto alla norma generale.

Dopo la CIG si ha diritto alla Naspi?

Per avere diritto alla nuova disoccupazione Naspi il lavoratore deve essere in possesso di determinati requisiti, e cioè:

  • stato di disoccupazione, ovvero la perdita del lavoro per cause indipendenti dalla volontà del dipendente (requisito soggettivo);
  • tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione (requisito contributivo);
  • trenta giorni di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti l’inizio della disoccupazione (requisito lavorativo).

Come si concilia, allora, il passaggio dalla CIG alla Naspi se, per esempio, il soggetto in stato di disoccupazione non ha lavorato quando percepiva l’integrazione salariale? In questo modo, difatti, viene meno il requisito lavorativo.

Per rispondere a questa domanda dobbiamo rifarci alla circolare INPS n. 142 del 29 luglio 2015, contenente “Chiarimenti su Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASPI)”.

Al punto 4.3. della circolare (“Neutralizzazione dei periodi di CIG in deroga“), viene specificato che:

“Ai fini della determinazione del ‘quadriennio’ per la ricerca del requisito contributivo (minimo 13 settimane) necessario, unitamente agli altri requisiti, per l’accesso alla prestazione di disoccupazione NASPI, nonché ai fini della ricerca del requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro si osserva che, anche i periodi di CIG in deroga con sospensione dell’attività a zero ore sono da considerarsi ‘neutri’ con corrispondente ampliamento sia del periodo di osservazione (quadriennio) per la ricerca della contribuzione utile alla prestazione di disoccupazione, sia del periodo di dodici mesi precedenti la cessazione del rapporto di lavoro per la ricerca del requisito delle trenta giornate di effettivo lavoro”.

Questo significa che, in questi casi, gli eventi sopra indicati saranno considerati periodi “neutri, determinando di conseguenza un ampliamento, pari alla loro durata, del periodo entro il quale far valere il requisito lavorativo e il requisito contributivo.

Le trenta giornate di lavoro effettivo, di conseguenza, verranno ricercate nei dodici mesi immediatamente precedenti gli eventi sopra richiamati, quando considerati periodi neutri.

Cassa integrazione Covid, CIG estesa nel 2021: quando spetta la Naspi?

Con il decreto Rilancio, il Governo ha esteso e modificato le integrazioni salariali e i trattamenti a sostegno del reddito connessi alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Misure specifiche sono state approvate in merito al riconoscimento della CIG alle aziende in crisi a causa del lockdown e alle conseguenti restrizioni territoriali e nazionali approvate.

Successivamente, con la circolare INPS n. 139 pubblicata il 7 dicembre 2020, sono state illustrate nuove disposizioni in materia di integrazioni salariali connesse all’emergenza Covid-19, introdotte dal decreto Ristori, che ha introdotto un ulteriore periodo di trattamenti di cassa integrazione salariale ordinaria (CIGO), in deroga (CIGD) e di assegno ordinario (ASO), che – nell’arco temporale ricompreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021 – può essere richiesto sia dai datori di lavoro cui siano state autorizzate le 18 settimane (9+9), sia dai datori di lavoro operanti nei settori per i quali è stata disposta la chiusura delle attività o la limitazione delle stesse.

La norma prevede che i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza coronavirus, possano richiedere la concessione dei trattamenti di cassa integrazione (ordinaria o in deroga) per periodi decorrenti dal 16 novembre 2020 al 31 gennaio 2021, per una durata massima di 6 settimane.

Il decreto Ristori, quindi, ha rideterminato il periodo di trattamenti di Cassa Integrazione (Ordinaria e in Deroga). Finito questo periodo quindi, salvo interventi successivi del legislatore (e quindi salvo ulteriori deroghe), l’azienda può decidere se reinserire la propria forza lavoro o se, in alternativa, procedere con i licenziamenti, sempre nei limiti e secondo quanto disposto dalla legge.

Per i dipendenti rimasti senza lavoro dopo la proroga delle settimane CIG, nel 2021 varranno le regole sopra citate per l’assegno di disoccupazione, con la conseguente neutralizzazione e ricalcolo del requisito lavorativo che andrà ricercato nei periodi antecedenti alla cassa integrazione Covid.

Naspi, come funziona

La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi) è una indennità mensile di disoccupazione che sostituisce le precedenti prestazioni di disoccupazione ASpI e MiniASpI in relazione agli eventi di disoccupazione involontaria che si sono verificati a decorrere dal 1° maggio 2015. Viene erogata su domanda dell’interessato ed è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive presenti negli ultimi quattro anni.

La prestazione è pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni. Ogni anno un importo di riferimento stabilito dalla legge e rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT viene reso noto dall’INPS con circolare pubblicata sul sito. Se la retribuzione media è superiore al predetto importo, la misura della prestazione è pari al 75% dell’importo di riferimento annuo stabilito dalla legge sommato al 25% della differenza tra la retribuzione media mensile e il suddetto importo. In ogni caso, l’indennità non può superare un limite massimo individuato con legge e rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT e reso noto anche questo ogni anno dall’INPS con circolare pubblicata sul sito.

In generale, la Naspi è commisurata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni (comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive), divisa per il totale delle settimane di contribuzione (indipendentemente dalla verifica del minimale) e moltiplicata per il coefficiente numerico 4,33.

La prestazione è sospesa in caso di rioccupazione o nuova occupazione, mentre il diritto alla percezione del lavoratore decade quando:

  • perde lo stato di disoccupazione;
  • inizia un’attività di lavoro subordinato;
  • intraprende un’attività lavorativa autonoma o parasubordinata senza comunicare all’INPS il reddito annuo presunto entro un mese dal suo inizio.

Lo stesso vale nel caso di raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato e quando acquisisce il diritto all’assegno ordinario di invalidità e non opta per l’indennità Naspi. Va ricordato, infine, che il lavoratore che percepisce l’assegno di disoccupazione ha determinati doveri nei confronti dello stato, come quello di partecipare a iniziative promesse dai centri per l’impiego che hanno come obiettivo il reinserimento del mondo del lavoro. La mancata presenza, senza giustificato motivo, alle iniziative di orientamento predisposte fa decadere il diritto alla Naspi.