Ad oggi, il Metaverso è ancora un mondo inesplorato. Tra prove tecniche di “vita virtuale“, scetticismo e primi investimenti, gli esperti sembrano non avere dubbi: tra pochi anni gli umani trascorreranno sempre più tempo immersi in questi “regni” digitali.

Anche se non sappiamo ancora come si espanderà il Metaverso in futuro, dare un’occhiata alle prime realtà virtuali create da progetti come The Sandbox e Decentraland ci permette di farci un’idea sulla direzione che potrebbe prendere. In alcuni “mondi”, per esempio, è già è possibile scambiarsi denaro e effettuare transazioni in criptovaluta.

Tutte operazioni – al momento – esentasse, fin quando restano online.

Da qui il dibattito: vanno tassati i soldi che circolano nel Metaverso? Se sì, come? 

Nel Metaverso si pagano (già) le tasse

Chi pensava al Metaverso come una sorta di paradiso fiscale dovrà ricredersi. In realtà, sugli scambi virtuali tramite criptovaluta (comprese le transazioni nei videogiochi), si pagano già le tasse. Attualmente, il reddito di criptovaluta guadagnato attraverso i giochi play-to-earn è tassato in base al valore equo di mercato dell’asset al momento del ricevimento.

Inoltre, le valute virtuali che possono essere scambiate con valute del mondo reale sono attualmente considerate anche queste tassabili. Le criptovalute e le risorse digitali utilizzate nel Metaverso – anche se non c’è ancora una disciplina unitaria al riguardo – rientreranno probabilmente in questa categoria. Solo le valute “a circuito chiuso”, che non possono cioè essere scambiate con valute del mondo reale, non sono considerate tassabili.

Ma secondo un’indagine di Gartner, una società di ricerca e consulenza tecnologica con sede a Stamford, entro il 2026 il 25% delle persone trascorrerà almeno un’ora al giorno sul Metaverso (per lavoro, shopping, istruzione, social media e/o intrattenimento). Gli spazi virtuali, quindi, sono destinati a diventare un’economia online indipendente, abilitata alle valute digitali e dai token, pertanto i soldi che circoleranno online potrebbero continuare ad essere utilizzati online.

Pertanto, ci potrebbero essere criptovalute mai convertite in denaro e – di conseguenza – mai tassate.

Second Life, nel Metaverso c’è chi ha deciso di introdurre una tassa sulle vendite

All’interno del complesso e mutevole mondo rappresentato dal Metaverso, quindi, i governi di ogni Paese devono iniziare a chiedersi se e come si verificano eventi imponibili. Se ci sono utenti soggetti a tassazione, la domanda è: come possono essere individuati?

Ad esempio, a dicembre, un lotto immobiliare virtuale in The Sandbox è stato venduto per 4,3 milioni di dollari (più di 4 milioni di euro) da uno sviluppatore Atari. La transazione, però, è rimasta online. Verrà tassata se e solo quando il venditore deciderà di convertire il guadagno in reddito. Nessuna tassa sulla vendita, né sullo scambio in sé.

Tutte le transazioni di vendita sono presunte imponibili negli Stati, a meno che non vi sia un’esenzione specifica. Quindi quale tassa potrebbe essere applicata alle proprietà del Metaverso? 

Second life, piattaforma del mondo virtuale risalente alla metà degli anni 2000, sta per esempio introducendo l’imposta sulle vendite per la prima volta da quando si è diffusa (nel 2003). Secondo alcuni sarà un precedente per la tassazione all’interno del Metaverso.

Gli utenti, quindi, dovranno pagare le tasse “sulle fatture ricorrenti”. Sono quelle associate all’acquisto di terreni virtuali destinati allo sviluppo nel Metaverso. Secondo molti, si tratta di un evento “apripista”, il primo di una lunga serie che porterà all’approvazione di un sistema di tassazione online, per chi utilizza e scambia valore nel Metaverso. Il prossimo passo, quindi, sarà capire come i vari stati si accorderanno e se (e come) decideranno di collaborare per una legislazione, magari uguale per tutti, in un mondo parallelo a quello reale.