Palla al Centrodestra. O forse alla Destra, visto il distacco notevole di Fratelli d’Italia (e di Giorgia Meloni) rispetto ai compagni di coalizione. Di sicuro, almeno per ora, si conclude l’epoca dei governi mosaico. Se poi il nuovo esecutivo riuscirà a mantenere le promesse e a far davvero meglio di chi è stato fin qui alla guida del Paese, sarà la Storia a dircelo. Per il momento si ragiona su ipotesi e programmi elettorali che, non appena sarà definita la squadra di governo, dovranno diventare per forza di cose delle strategie da mettere in atto.

Sul tavolo, una pila alta così di dossier urgenti, dal caro bollette al tema del lavoro, dal peso fiscale al precariato e via discorrendo. Non certo una sfida facile, con gli occhi puntati di un elettorato che ha deciso di dar fiducia a una coalizione che, pur con le sue crepe, ha mantenuto la rotta e costituito negli anni una leadership sempre più FdI-centrica. Detto questo, mantenere le promesse non sarà facile. Andranno diradate le nubi che si addensano sulle risorse a disposizione, ci sarà da capire quale sarà l’effetto di un’eventuale rimozione del Reddito di Cittadinanza, se non altro nella redistribuzione dei posti di lavoro. La strada sarà tutt’altro che semplice.

Il piano Meloni

Almeno sul piano delle proposte, Fratelli d’Italia aveva chiaramente dichiarato la sua contrarietà a una misura di sostegno al reddito come il RdC. Piuttosto, e la leader Meloni l’ha ripetuto più volte, meglio sarebbe incentivare le aziende all’assunzione, soprattutto dei più giovani, magari potendo contare su uno sgravio fiscale qualora decidessero di implementare i propri organici. Ancora una volta, però, tutto andrà definito al dettaglio, per non dire al millimetro. Chiaro che, nel momento in cui si cercherà di assumere nuove risorse sulla promessa di un regime tassativo più leggero, non dovranno mancare le garanzie.

E allora ecco un paio di paracadute in caso di guai: rilanciare il contratto di apprendistato e favorire i tirocini, a patto che siano in buona misura finalizzati all’assunzione.

Fin qui si è parlato di “tutele adeguate”, concetto che andrà definito al meglio sulla base sia dei finanziamenti che delle possibilità di far fruttare il proprio periodo di lavoro-non lavoro. Il nuovo governo punterà su una riforma degli Istituti tecnici e sull’incentivo dei corsi post-diploma. In ambiti come scienza, tecnologia, ingegneristica e matematica, al fine di tamponare la carenza di organici. Un campo d’azione importante, anche se limitato.

Imprese e Made in Italy

Per quanto riguarda lo stop al Reddito di Cittadinanza, l’obiettivo è sostituirlo piuttosto che depennarlo, inserendo in circolo uno strumento di tutela dei soggetti privi di reddito e fragili. Laddove per “fragili” si intende l’impossibilità a lavorare o la difficoltà nel rientrare nel circuito dell’occupazione (disabilità, età oltre i 60, figli minori a carico). Un primo passo sarebbe l’aumento delle pensioni minime e sociali, oltre che il rafforzamento degli ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori. Per gli autonomi, si prevede un’indennità di disoccupazione speculare a quella dei dipendenti. Infine, una nuova spinta alle imprese e, soprattutto, al marchio Made in Italy, cavallo di battaglia di Meloni. In questo senso si cercherà di disincentivare le delocalizzazioni e di reintegrare il tessuto produttivo nostrano con la rilocalizzazione delle imprese emigrate. Il tutto accompagnato da procedure più stringenti per il contrasto all’evasione fiscale e al trasferimento delle sedi aziendali nei cosiddetti “paradisi fiscali”.

Stabilità dei conti

A ogni modo, tutti i progetti dipenderanno da un fattore centrale. Vale a dire la stabilità dei conti. La prossima Legge di Bilancio dirà effettivamente quali proposte resteranno promesse e quali programmi potrebbero andare in porto.

Il solo pacchetto pensioni-taglio del cuneo fiscale-incentivi potrebbe richiedere 40 miliardi in Manovra. Chissà quanto inciderà il Pnrr, descritto come “una grande occasione per la modernizzazione dell’Italia“. Se il finanziamento europeo fosse realmente usato coi crismi giusti, mantenendo gli obiettivi richiesti, a quel punto la strada dell’equità fiscale potrebbe essere più semplice. La mission sarebbe l’uso dei fondi europei per il miglioramento strutturale e infrastrutturale del Paese, così da mantenersi al riparo da eventuali irregolarità rispetto ai conti chiesti dall’Europa. I miracoli non li fa nessuno e Bruxelles resta un partner a cui guardare.