Con la sentenza 11850 del 2015 la Corte di Cassazione ha stabilito che il mantenimento alla moglie giovane ed abile al lavoro non è dovuto, anche se durante l’unione svolgeva mansioni di casalinga.    

I fatti

I due coniugi avevano ottenuto la cessazione del matrimonio con la sentenza del 30 dicembre 2009 del tribunale di Bari, il quale rigettava la domanda di assegno di mantenimento avanzata dalla moglie.     La corte di appello di Bari confermava la decisione dei giudici di primo grado pur avendo sostenuto la moglie che il tenore di vita che conduceva nel corso del matrimonio era quello di una famiglia media, pur lavorando soltanto il marito e svolgendo lei stessa il ruolo di casalinga.

La donna evidenziava il fatto che essendo priva di lavoro non riusciva a mantenere lo stesso tenore di vita mentre l’ex marito, convivendo con un’altra donna nella residenza di quest’ultima, pur avendo dimostrato di essersi collocato a riposo, percepiva indennità di disoccupazione e lavorava presso terzi continuando a mantenere lo stesso tenore di vita del periodo del matrimonio.     La corte territoriale a tal proposito aveva evidenziato il fatto che la ricorrente non aveva presentato alcuna prova sul tenore di vita che teneva nel corso del matrimonio né la natura delle retribuzioni che esercitava in maniera saltuaria. Di contro la nuova convivenza del marito non era provabile poiché, pur esistendo una figlia nata dalla nuova unione, la documentazione anagrafica non comprovava la convivenza.     Le dimissioni del marito, presentate dopo una contestazione disciplinare, avevano, invece, provato la disoccupazione dell’uomo. La corte ritenendo che la moglie fosse in grado di lavorare e rilevando il peggioramento delle condizioni economiche del marito dovute alla perdita del lavoro e alla nascita della figlia. La Corte di Cassazione, cui la ricorrente aveva proposto ricorso, respinge la domanda con le seguenti  motivazioni:

  •           Secondo la moglie il marito avrebbe rassegnato le dimissioni per sottrarsi all’obbligo di erogare l’assegno di mantenimento, ma secondo la corte la natura delle dimissioni non è affatto artificiosa
  •       Per quel che riguarda la convivenza con l’altra donna non ci sono prove che la confermino se non quelle risultanti dall’anagrafe che smentiscono tale affermazione
  •        L’assegno di mantenimento viene riconosciuto al coniuge che non è in grado di mantenere lo stesso tenore di vita ma va anche calcolato in base alla condizione dei coniugi, in base al contributo personale ed economico dato da ognuno di essi alla conduzione familiare, al reddito di entrambi e alla durata del matrimonio. In questo caso si devono considerare, quindi, sia il reddito del richiedente che quelli dell’obbligato.
  •          La corta, tra l’altro, pone in evidenza anche la mancanza di elementi probatori che dimostrino l’impossibilità oggettiva della ricorrente di trovare mezzi adeguati per continuare a tenere un tenore di vita analogo a quello mantenuto in corso del matrimonio .

Corte-di-Cassazione-Sentenza-n.-11870-20151