Il lavoratore in malattia è tenuto ad essere reperibile durante le fasce orarie, diverse tra pubblico e privato. Ma cosa succede nel resto della giornata? E’ sempre e comunque libero di fare quello che vuole? Il datore di lavoro che sospetta finta malattia del dipendente può incaricare a sue spese un investigatore privato che ne tenga sotto controllo la condotta nei giorni di assenza per malattia?

Facciamo un esempio pratico che ci aiuta a capire meglio: ad un dipendente viene riconosciuta tramite certificato medico una malattia di sette giorni per dolori alla schiena.

Dopo due giorni di assenza riceve la visita del medico fiscale durante le fasce di reperibilità e, in effetti, si fa trovare a casa a riposo. Il datore di lavoro però ha motivo di credere che stia mentendo. Abbiamo già visto che chi riceve una volta la visita fiscale non deve pensare di essere esonerato: fino all’ultimo giorno il medico Inps può tornare. Ma il datore di lavoro può andare oltre e incaricare un investigatore privato di controllare la condotta nelle ore diverse da quelle di reperibilità. In linea di massima se il lavoratore è in malattia non è tenuto, fuori dalle fasce di reperibilità, a stare in casa, a meno che però uscire non pregiudichi il suo stato di salute e i tempi di guarigione. Nel caso di mal di schiena ad esempio non importa che non sia durante gli orari della visita fiscale: il lavoratore beccato in palestra a sollevare pesi rischia il licenziamento per giusta causa.

A nulla serve obiettare che il controllo non è avvenuto nelle ore di reperibilità perché la condotta è controproducente per lo stato di salute; e non sono state accolte dalle giurisprudenza neppure obiezioni in merito alla presunta violazione del diritto alla privacy del lavoratore controllato dal datore di lavoro tramite investigatore privato.

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