“Lockdown” è diventata quasi una parola tabù. E questo per una serie di ragioni, a cominciare dagli incubi che tale termine risveglia. Anche se, per la verità, la sensazione è che gli effetti della “clausura” dovuta alla diffusione del Covid-19 a inizio 2020 siano realmente tangibili solo ora, a distanza di qualche tempo. La pandemia ci ha cambiato, inutile negarlo. Negli atteggiamenti, nella tenuta psicologica e nei rapporti sociali, ancora prima che nel lavoro o nelle disponibilità economiche. Per questo, ogni volta che si torna a parlare del possibile ritorno di un lockdown, anche parziale o dovuto ad altri motivi, la nostra mente genera sensazioni contrastanti.

Perché, a fronte della risalita dei contagi, qualche tempo fa, c’era chi, addirittura, aveva ritenuto plausibili (per non dire auspicabili) nuove restrizioni. E chi, invece, guardava a misure così drastiche come la possibile condanna definitiva del tessuto economico del nostro Paese. A ragione forse, visto che la prima frenata dei consumi continua a produrre, a distanza di due anni e mezzo, effetti tangibili sulle tasche dei contribuenti.

Colpa (non solo) del gas

Ma esiste davvero il rischio di un nuovo lockdown? La risposta è abbastanza complessa. Il nostro Paese, come quelli partner dell’Unione europea, si trova ad affrontare una situazione complicata, legata soprattutto ai rincari. In primis quelli delle materie prime utilizzate per la fornitura energetica, soprattutto il gas. Il rally degli ultimi giorni ha reso evidente come, nei prossimi mesi, la situazione sarà tutt’altro che semplice da gestire, anche se gli stoccaggi sembrano sufficienti a garantire un inverno senza troppi sacrifici. Il problema potrebbe essere legato alla transizione di governo. O meglio, all’impossibilità del nuovo esecutivo di far fronte, nell’immediato, a una situazione di emergenza economica. Non per mancanza di volontà o per inadempienza delle promesse elettorali, quanto per l’effettiva difficoltà di reperire risorse finanziarie per disporre nuovi aiuti.

Qualora un quadro simile dovesse effettivamente verificarsi, l’ipotesi di un lockdown per la riduzione dei consumi e il risparmio energetico portato dalle chiusure, sarebbe quantomeno verosimile.

Rischio lockdown?

La questione è quindi prettamente legata all’emergenza energetica. Indipendentemente dalle elezioni del 25 aprile, la possibilità che vi sia effettivamente un piano di razionamento energetico è alquanto plausibile. Riduzione dell’illuminazione pubblica (strada peraltro già battuta), abbassamento della temperatura domestica, chiusura anticipata degli uffici e quant’altro. Scenari decisamente poco allettanti ma che, oggi come oggi, appaiono più probabili rispetto alla possibilità di un nuovo intervento mirato. Anche perché i costi della materia prima non accennano a rallentare, nonostante nei giorni scorsi non vi siano state troppe indicazioni negative, fatta eccezione per lo stop di tre giorni per manutenzione di Nord Stream 1. In pratica, qualora effettivamente si opti per il lockdown, è bene sapere che sarebbe del tutto “volontario”. Un modo per ammortizzare dei costi che, in alternativa, potrebbero essere insostenibili. Visto anche il livello del debito pubblico che pone il nostro Paese in condizioni decisamente diverse rispetto a quello degli altri partner continentali. In questo senso, il decreto Aiuti bis non può essere sufficiente. E prima che il nuovo governo entri definitivamente a regime, la stagione dei riscaldamenti sarà già iniziata.