Non sempre il licenziamento è una scelta del datore di lavoro: a volte, pur senza presentare le dimissioni ufficialmente, è il lavoratore a decidere di farsi licenziare portando il boss a mandarlo via per un suo tornaconto economico o personale. Vi state chiedendo se è il momento giusto per lasciare il lavoro e cercarne un altro o cambiare drasticamente vita?

Farsi licenziare per ottenere la disoccupazione: cosa si rischia?

La prima cosa da fare se si è insoddisfatti del proprio lavoro è interrogarsi sui motivi di questo malessere.

A volte, infatti, dipendono da fattori come lo stipendio inadeguato o un brutto ambiente lavorativo. In questi casi, prima di arrivare a soluzioni drastiche come le dimissioni, si può cercare di agire su quei fronti specifici: avete mai provato a chiedere un aumento di stipendio o a confrontarvi con il capo o il collega con il quale avete problemi?  Molti invece si licenziano, o si fanno licenziare, per smettere di lavorare e cambiare vita o, meno drasticamente, per cambiare lavoro. Come capire qual è il momento e il modo giusto per farlo?

Chi viene licenziato, se possiede i requisiti, ha diritto all’indennità di disoccupazione. Può essere una rendita per un periodo di tempo necessario a trovare un altro lavoro per esempio. Attenzione, però, perché se si configura dolo e si agisce senza giusta causa si possono violare gli articoli 2033 del codice civile e 640, co. 2, n. 1 del codice penale che prevedono rispettivamente le fattispecie di frode nei confronti dell’Inps e truffa ai danni dello Stato. Anche in caso di licenziamento disciplinare il lavoratore ha diritto alla disoccupazione. La Naspi, peraltro, prevede regole di erogazione ben precise: se si riceve un’offerta di lavoro congrua e la si rifiuta, si perde il diritto alla disoccupazione.

Tenete anche conto di un fattore, aldilà del diritto penale: nel mondo del lavoro è sempre bene tenersi aperte le porte e chiudere ogni rapporto in maniera civile perché si potrebbe tornare a bussare a porte precedenti.

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