Che cosa succede se il lavoratore viene licenziato durante il periodo di prova? Diversi lettori ci hanno scritto in merito a questo argomento. I dubbi più ricorrenti sembrano essere due. Il primo riguarda il diritto alla Naspi, il secondo quello al reintegro o al risarcimento. Facciamo chiarezza su entrambe le questioni.
Può accadere che il lavoratore assunto in prova non superi con successo tale periodo. Ma può anche succedere che, prima della scadenza del termine della prova, il datore lo licenzi o il lavoratore stesse dia le dimissioni.

Nessuno dei due è infatti obbligato a portare a termine il periodo di prova: questo è il primo concetto base da chiarire e dal quale partire per un’analisi dell’istituto.

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Periodo di prova e mancata assunzione: il lavoratore ha diritto alla Naspi?

Che il lavoratore sia mandato a casa alla fine del periodo di prova o che sia licenziato prima, il diritto alla Naspi richiede il raggiungimento di almeno 30 giornate lavorate nell’anno e 13 settimane di contributi. Lo stesso vale per dimissioni per giusta causa.

Patto di prova illegittimo: risarcimento o reintegra per il lavoratore?

Diversa è la prospettiva invece in caso di patto di prova illegittimo. Quest’ultimo infatti per legge deve avere determinati requisiti altrimenti non è valido. L’esempio più ricorrente è quello del periodo di prova non inserito per iscritto nel contratto di assunzione. In questo caso, mancando la prova scritta, il dipendente ha diritto all’assunzione. Occorre quindi una clausola che preveda esplicitamente il periodo di prova con l’elenco nel dettaglio delle mansioni affidate al lavoratore. E’ chiaro che in alcuni casi, soprattutto per lavori intellettuali e non manuali, indicare nel dettaglio le mansioni da svolgere non è facile. Tuttavia il documento contrattuale dovrà contenere una formula che faccia riferimento alle mansioni determinabili.

L’eventuale patto di prova stipulato in seguito al contratto è nullo: deve essere anteriore o contestuale.

Se la risorsa ha già collaborato in passato con l’azienda a titolo diverso ma per le stesse mansioni, il periodo di prova è nullo perché l’azienda non ha bisogno di testare le sue capacità.

E veniamo all’aspetto relativo al risarcimento o alla reintegra, che è quello probabilmente più delicato di tutta la questione. Secondo la giurisprudenza maggioritaria il lavoratore ha diritto ad essere reintegrato solamente in caso di licenziamento disciplinare nullo. Il caso più ricorrente è quello del dipendente in prova accusato di un fatto che poi invece dimostra di non aver commesso. E’ evidente che si tratta di una fattispecie abbastanza particolare.
In caso di mancato superamento della prova invece non resta che chiedere la Naspi, se ne ricorrono i requisiti. Tuttavia per completezza di analisi dobbiamo specificare che ci sono state alcune sentenze di segno contrario (vedi ad esempio Tribunale di Milano sentenza n.2912/2016).

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