Subire un licenziamento dopo il rifiuto di molestie sessuali in ufficio è una situazione paradossale in cui, purtroppo ancora oggi, si trovano molte donne. Si tratta certamente di licenziamento illegittimo che rientra nei casi di ritorsione ma il punto è che non sempre provarlo è facile.

Su questo punto però la sentenza n. 23286 del 15 novembre 2016 della Corte di Cassazione  ha aperto nuove possibilità: se a confermare di essere state tata oggetto di avances erotiche da parte del capo sono anche colleghe o ex colleghe, e quindi più di una dipendente, è più facile dedurre che si tratti di una fattispecie di molestie sessuali.

Nel caso specifico infatti, viste le plurime testimonianze, i giudici hanno condannato il datore di lavoro alla reintegra e al risarcimento delle donna vittima prima di molestie e poi di licenziamento discriminatorio.

Una posizione, quella della giurisprudenza in analisi, che ci spinge a riflettere ancora una volta su quanto sia importante denunciare certi episodi senza lasciarsi condizionare dalla paura di giudizi o ritorsioni. L’omertà non va solo a proprio svantaggio ma potrebbe impedire anche ad altre donne di far valere le proprie ragioni.