Licenziamenti bloccati fino al 31 dicembre 2020. Lo ha stabilito il governo con il Dl di Agosto in fase di conversione in legge in Parlamento. Confindustria e mondo produttivo però non ci stanno.

Il provvedimento a salvaguardia dell’occupazione in Italia è quasi legge. E’ in fase di approvazione in Parlamento il Dl di Agosto che impedisce ai datori di lavoro di licenziare i propri dipendenti a causa della crisi economica. La misura è rivolta in particolare alle aziende che hanno chiesto la proroga della cassa integrazione.

L’art. 14 del Dl numero 104 del 2020 recita espressamente che:

ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale  riconducibili  all’emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all’articolo 1 ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 3 del presente decreto resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in  forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto.

Licenziamenti consentiti

Restano escluse le procedure di licenziamento legate alla cessazione di attività di impresa. Vi rientrano anche i casi di messa in liquidazione e fallimento, oltre che nelle  ipotesi  di  accordo collettivo  aziendale,  stipulato  dalle   organizzazioni   sindacali comparativamente  più rappresentative a  livello  nazionale,  di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro. Per il resto, il divieto si applica a tutti gli altri casi che interessano i licenziamenti collettivi, i licenziamento per giustificato motivo oggettivo, quelli derivanti dalle procedure di conciliazione previste dalla legge.

Licenziamenti vietati solo in alcuni casi

A differenza che nelle precedenti occasioni, questa volta, con il Dl di Agosto, il divieto di licenziare è legato alla scelta del datore di lavoro di fruire dei benefici economici derivanti dal ricorso agli ammortizzatori sociali.

In altre parole, se il datore di lavoro ha chiesto la cassa integrazione con causale COVID-19 dal 12 luglio 2020 in poi, il divieto di licenziamento durerà finché esiste la possibilità di fruire della Cig. Cioè per 18 settimane per i periodi decorrenti dal 13 luglio al 31 dicembre 2020. Ma anche se il datore di lavoro ha optato per l’esonero contributivo in luogo della proroga della Cig il divieto di licenziamento si protrae sino al termine dell’intera fruizione dell’esonero contributivo (cioè per quattro mesi con scadenza entro il 31 dicembre 2020).

Licenziamenti solo rimandati

Le imprese vorrebbero però tornare a licenziare (e ad assumere). Il bavaglio imposto dal governo – secondo Confindustria – mina la libertà di azione del mondo produttivo. Alle imprese in crisi è stato imposto il divieto di licenziare il che potrebbe anche essere visto come un intervento risolutivo per difendere l’occupazione. Ma non lo è. Gli imprenditori non aspettano altro che sia tolto il divieto di licenziare per lasciare a casa il personale in eccesso. Con ulteriori costi sulle spalle dell’Inps per cassa integrazione, mobilità e Naspi. Dello stesso avviso anche la CNA che protesta contro l’azione del governo.

Per i sindacati, invece, il divieto di licenziare per legge è servito ad evitare il peggio salvaguardando la coesione sociale. In assenza di tale intervento i costi dell’emergenza a carico dello Stato sarebbero stati ben più alti che quelli intrapresi ricorrendo agli ammortizzatori sociali.