La grave crisi economico-sanitaria legata al Covid-19, potrebbe avere effetti negativi sulle pensioni future.  Dunque, il futuro sistema pensionistico non dipenderà solo dalla riforma delle pensioni di cui stanno discutendo da un pò Governo e sindacati, ma anche dagli strascichi lasciati dalla pandemia ancora in essere.

Inoltre il mercato del lavoro ha messo in forte difficoltà i giovani. Le forme contrattuali maggiormente in uso non impattano in senso positivo sul loro futuro pensionistico.

Questi e altri aspetti sono stati messi in evidenza dall’OCSE nel documento Pensione at a glance 2021.

Documento che analizza anche l’impatto di quota 100 sul sistema pensionistico italiano.

L’analisi reddituale degli ultrasettantacinquenni

In Italia, il reddito medio degli ultrasessantacinquenni è simile a quello della popolazione totale, mentre è inferiore in media del 12 % rispetto alla zona OCSE e del 15 % rispetto all’Italia di 20 anni fa. Tuttavia, la disparità di reddito e il tasso di povertà di reddito relativo tra gli anziani si sono allineati al valore mediano dei Paesi dell’OCSE, a seguito del notevole calo del tasso di povertà in età avanzata registrato in Italia negli ultimi decenni. Durante la crisi COVID-19, le pensioni non sono diminuite e i diritti pensionistici hanno continuato a maturare completamente anche per i lavoratori in Cassa Integrazione, in modo analogo a quanto accaduto per altri Paesi dell’OCSE (Fonte studio OCSE).

Quota 100

Come si legge nel documento in esame, quota 100 ha permesso di andare in pensione a 62 anni, vale a dire in anticipo di cinque anni rispetto all’età pensionabile prevista dalla legge, avendo versato 38 anni di contributi, senza adeguare completamente le prestazioni in modo attuariale.  Quota 100 ha facilitato l’accesso ai diritti pensionistici, poiché in precedenza il pensionamento anticipato era subordinato al requisito di contribuzioni record di 42,8 anni per gli uomini e di 41,8 anni per le donne. Oltre all’Italia, solo la Spagna permette di accedere ai pieni diritti pensionistici prima dell’età pensionabile legale con meno di 40 anni di contributi, con il Belgio che richiede 42 anni, la Francia 41,5 anni e la Germania 45 anni.

In Italia esiste anche un’opzione alternativa per andare in pensione anticipata a 64 anni con 20 anni di contributi. Tale possibilità si traduce, tuttavia, in prestazioni sostanzialmente più basse perché interamente basate sulle regole NDC, mentre le pensioni NDC e a prestazione definita sono proporzionali quando si va in pensione all’età pensionabile prevista per legge (secondo il regime Quota 100 o Quota 102). Le pensioni a prestazioni definite – e quindi proporzionali – sono più alte rispetto a quelle basate esclusivamente sulle regole NDC.

NDC sta a significare letteralmente “Notional Defined Contribution”. Con le regole NDC, i contributi versati sono spalmati sulla base delle aspettativa di vita residue del pensionato e del coniuge superstite.