Il 30 giugno 2021, le Commissioni Finanze di Camera e Senato hanno pubblicato il documento base per la definizione della legge delega contenente le proposte di riforma fiscale per il nostro Paese. Tra queste anche quelle che interessano le partite IVA in regime forfettario, che rappresentano un numero abbastanza elevato delle attività economiche e professionali presenti in Italia.

L’attuale regime forfettario

Ricordiamo che il regime forfettario è stato introdotto con la legge di bilancio 2015 ed oggetto di successive modifiche.

Attualmente per essere in questo regime occorre rispettare i requisiti di cui al comma 54 della citata manovra di bilancio e non rientrare in nessuna delle cause di esclusione previste dal successivo comma 57.

Tra i requisiti è previsto quello secondo cui non occorre superare la soglia di 65.000 euro con riferimento ai ricavi/compensi annui.

Il contribuente forfettario applica un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, addizionali all’IRPEF ed IRAP, con aliquota del 15% (o in alcuni casi del 5% per i primi 5 anni di attività). Inoltre, rispetto al regime ordinario, chi è nel regime forfettario gode di una serie di semplificazioni in merito agli adempimenti tributari (non è tenuto a registrare le fatture, non è tenuto alla dichiarazione IVA, è escluso dagli ISA; ecc.).

Il regime forfettario ostacola la crescita economica

La certezza delle Commissioni Finanze di Camera e Senato è che sia opportuno che il nostro sistema fiscale conservi l’esistenza di questo regime di favore destinato ad imprese e lavoratori autonomi di dimensioni ridotte in termini di ricavi/compensi.

Tuttavia le stesse le Commissioni evidenziano quelle che sono le attuali criticità del regime e su cui, pertanto occorrerebbe intervenire.

La critica riguarda il brusco passaggio al regime ordinario IRPEF a partire dall’anno successivo alla perdita dei requisiti per essere nel forfettario, con un immediato aggravio per il contribuente in termini, sia di tassazione sia di maggiori adempimenti.

L’attuale formulazione del regime forfettario legato alla soglia di ricavi/compensi a 65.000 euro, è da vedersi come un ostacolo alla crescita dimensionale delle piccole imprese, il che contrasta con l’obiettivo fondamentale della riforma fiscale che si appresta ad effettuare, vale a dire la promozione della crescita economica del nostro Paese.

Riforma fiscale: passaggio dal forfettario all’ordinario in 2 anni

La proposta delle Commissioni è quella di un regime transitorio che accompagni il contribuente nel passaggio dal regime forfettario a quello ordinario introducendo un regime opzionale (con scelta irrevocabile da parte del soggetto passivo di imposta) per la continuazione del regime forfettario nei due periodi di imposta successivi, a condizione che

in ciascuno di detti periodi di imposta il contribuente dichiari un volume d’affari incrementato di almeno il 10% rispetto a quello di ciascun anno precedente. Ciò dovrà essere accompagnato con un incremento delle aliquote dell’imposta sostitutiva per il biennio in questione, rispettivamente, dal 15% al 20% (o dal 5% al 10% se il contribuente applica l’aliquota ridotta).

Altra raccomandazione è quella di limitare, nel citato biennio di accompagnamento, le azioni di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

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