La tutela che l’avvocato deve al cliente non è legata alla vittoria nelle cause, ma nel suo impegno, nel rispetto della sua deontologia e nella cura che ha messo verso gli interessi del cliente.

Il professionista cui ci si rivolge deve svolgere il proprio compito in modo da ottenere il miglior risultato possibile, è ovvio, ma questo non significa che debba per forza vincere i procedimenti legali il cui esito non è prevedibile. Non si tratta, quindi, di vittoria o meno ma nell’impegno che l’avvocato non ha profuso per difendere gli interessi del cliente.

Se, ad esempio, l’avvocato non comunica tempestivamente al proprio clienti l’esito negativo di una causa, quest’ultimo non potrà appellarsi entro i 30 giorni previsti subendo un grave danno. In questo caso l’avvocato, secondo la Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 8312 del 12/04/2011.

L’avvocato, per evitare che il proprio cliente possa citarlo in giudizio deve rispettare gli articoli 26, 27 e 33 del codice deontologico per fare si che il rapporto con il cliente sia basato sulla fiducia, fiducia che consiste nella completezza e verità delle informazioni destinare all’assistito. L’avvocato, inoltre, è tenuto a spiegare anche al proprio assistito, prima di intraprendere un’azione legale, che l’esito di qualsiasi processo non è prevedibile. L’avvocato che spinge il cliente ad agire legalmente senza informare il proprio assistito degli eventuali oneri e rischi cui potrebbe incorrere viola questo rapporto di fiducia. Ed in questo caso il cliente può citarlo in giudizio.

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