Crescono le retribuzioni medie dei dipendenti del settore privato. Meno quelle del pubblico impiego il cui contratto scaduto da tempo è stato rinnovato solo di recente.

Il divario fra retribuzioni pubbliche e private, però, è nettamente favorevole alle prime con un gap che nel tempo si è allargato fino al 30%. La differenza è dovuta al fatto che gli stipendi della pubblica amministrazione non subiscono le crisi economiche del settore privato.

Istat, rallentano i rinnovi contrattuali

Il settore privato è altresì penalizzato dalla maggiore lentezza sul rinnovo dei contratti.

Colpa anche della pandemia. L’incertezza derivante dall’emergenza sanitaria, nel corso del 2020, ha determinato un marcato rallentamento dei processi negoziali, registrando alla fine dell’anno solo otto accordi di rinnovo, meno di un quinto degli oltre cinquanta contratti scaduti a inizio anno.

La quota di dipendenti in attesa di rinnovo non è mai scesa sotto l’80% e la dinamica retributiva, che ha fatto registrare una variazione dello 0,6%, appare in deciso rallentamento rispetto al – modesto – incremento dell’anno precedente.

Crescita stabile per le retribuzioni

La dove si è arrivati al rinnovo dei contratti di lavoro, si può ravvisare una crescita delle retribuzioni tendenzialmente in linea con le attese.

La crescita delle retribuzioni è sostanzialmente stabile per il settore privato, mentre è progressivamente diminuita, fino ad annullarsi nel secondo semestre dell’anno, per il pubblico impiego.

Questo il quadro delineato dall’Istat, che sottolinea che nel 2020 l’indice delle retribuzioni orarie è cresciuto dello 0,6% rispetto all’anno precedente. Anche l’indice mensile delle retribuzioni contrattuali registra un aumento tendenziale dello 0,6% rispetto a dicembre 2019, pur restando invariato rispetto a novembre. In particolare, l’aumento ha raggiunto lo 0,8% per i dipendenti dell’industria, lo 0,7% per quelli dei servizi privati ed è nullo per la pubblica amministrazione.

Aumenti maggiori per credito e assicurazioni

Nel dettaglio, gli aumenti tendenziali più elevati riguardano il settore del credito e assicurazioni (+2,2%), l’edilizia (+1,6%), l’estrazioni minerali ed energia e petroli (entrambi +1,4%); nessun incremento per l’agricoltura, il commercio, le farmacie private, le telecomunicazioni e la pubblica amministrazione.

Alla fine di dicembre 2020, continua l’Istat, i contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica (24 contratti) riguardano il 19,1% dei dipendenti – circa 2,4 milioni – con un monte retributivo pari al 19,8% del totale. Nel corso del quarto trimestre 2020 è stato recepito il solo accordo del legno e prodotti in legno ed è scaduto quello dell’edilizia.

I contratti in attesa di rinnovo a fine dicembre 2020 sono 49 e coinvolgono circa 10,0 milioni di dipendenti (l’80,9% del totale), 300 mila lavoratori in più rispetto al dato di fine settembre. Il tempo medio di attesa di rinnovo, per i lavoratori con contratto scaduto, nel corso del 2020 è aumentato, passando da 11,8 mesi a gennaio a 20,1 mesi a dicembre.