Lavoro: chi pensa di lavorare troppo e chi invece vorrebbe, o avrebbe bisogno, di lavorare di più. E’ un equilibrio sottile e difficile da trovare ma anche molto importante. Proprio di recente la questione è tornata ad essere molto attuale per via della proposta 5 Stelle “lavorare meno per lavorare tutti” da un lato e, sul fronte opposto, della notizia del presidente di Expertsuisse che ha ammesso che nella sua azienda si lavora (felicemente) anche 70 ore a settimana a bisogno.  Ma qual è il vero segreto della felicità sul lavoro e la quantificazione ottimale della settimana lavorativa?

Riflettendo su questo dilemma vale la pena rispolverare una ricerca di pochi anni fa ma più attuale che mai nello scenario sopra descritto.

Nel 2013 l’infermiera australiana Bronnie Ware ha raccolto in un blog, che poi  diventato anche un libro, le testimonianze di pazienti terminali dopo aver chiesto loro di parlare del loro più grande rimpianto. Di cosa pensate che vi pentireste in punto di morte? Difficile immaginarlo e allora la testimonianza di chi c’è passato veramente può essere d’aiuto per riconsiderare le priorità della propria vita.

Lavorare troppo e pentirsene quando è troppo tardi

Dei rimpianti più grandi della vita quasi tutti riguardano la sfera affettiva e dei sentimenti. Ma nella top five ne spunta uno che invece ha a che fare con il lavoro ed è proprio aver lavorato troppo o, più correttamente, aver dedicato troppo tempo alla carriera sottraendolo alla vita privata.

Conciliare vita privata e lavoro: un problema di uomini e donne

Oggi si parla tanto di donne e lavoro e delle difficoltà, soprattutto dopo la nascita di un figlio, di conciliare vita professionale e privata. Nelle generazioni precedenti spesso le donne restavano a casa e quindi diciamo che, statisticamente, nella ricerca contenuta nel libro sono soprattutto gli uomini ad avere il rimpianto di aver lavorato troppo.

Commenta l’autrice: “Questo è venuto fuori da ogni paziente di sesso maschile che ho assistito. Si sono persi l’infanzia dei loro figli e la compagnia dei propri partner. Anche alcune donne hanno menzionato questo rimpianto, ma come se fossero di una vecchia generazione, molti dei pazienti di sesso femminile non erano stati capifamiglia. Tutti gli uomini che ho curato hanno rimpianto profondamente l’aver trascorso così tanto della loro esistenza a dedicarsi sfrenatamente al lavoro. “