Possibile proporre un lavoro da casa pagato 50 centesimi l’ora nel 2017? Pare di si ed è possibile pure che qualcuno, disperato, accetti questo tele-sfruttamento. E’ l’altra faccia del lavoro da casa, che poco o niente ha a che vedere con lo smart work e i nuovi lavori 2.0 e che, anzi, socialmente e umanamente rappresenta tristemente un passo indietro. Ecco la storia che ha indignato il web.

50 centesimi l’ora per lavoro da casa: il business della gomma da cancellare

Business della gomma si, ma da cancellare.

Passateci il gioco di parole. Perché dovrebbe lasciare senza parole la storia che arriva dalla provincia di Bergamo. Seguendo i camion carichi che arrivavano in un capannone di Credaro, i finanzieri di Sarnico hanno scoperto che oltre ai quattro operai in regola in azienda, l’imprenditrice impiegava nove risorse in nero da casa. Ad accettare il telelavoro a cottimo (per circa 50 centesimi l’ora) erano stati un indiano e otto donne, rispettivamente tre indiane, due albanesi, una senegalese, una marocchina e un’italiana. Il lavoro consisteva nello strappare manualmente la gomma in eccesso.

E la cosa che spaventa è che potrebbe non essere un caso isolato, come ha ammesso anche il sindaco di Credaro, Adriana Bellini: “di certo, il lavoro casalingo è diffuso, vediamo tutti il carico e scarico dei furgoni”. Pietro Schiesaro della Cisl ha cercato di quantificare il fenomeno: “che sia la regola credo proprio di no, ma forse non è una situazione così eccezionale. Se i dipendenti in azienda sono generalmente in regola, nel cottimo succede tutto e il suo contrario, anche perché i controlli sono più difficili. E chiaramente gli ultimi arrivati sono quelli più indifesi. Una situazione tipica è quella dell’immigrato che va a lavorare in fabbrica mentre la moglie resta a casa con i figli, ma per arrotondare prende un po’ di commesse.

Era quello che succedeva con gli italiani negli Anni Cinquanta, quando i muratori erano pagati “a metro”. Oggi ovviamente è inaccettabile. Per fortuna i controlli ci sono. E infatti è il secondo caso dopo quello dell’estate”. Quest’ultimo riferimento è ad una ditta di Adrara San Martino in cui erano risultati otto lavoratori su 17 senza contratto.
Ma torniamo all’ultima truffa del telelavoro con cui abbiamo aperto l’articolo: l’imprenditrice è stata multata per 27 mila euro, con l’aggiunta dell’obbligo di mettere in regola i lavoratori che non lo sono, pagamento dei contributi arretrati incluso.