Polemiche sul lavoro in carcere. Se è vero che la pena detentiva debba avere funzione di recupero e reinserimento sociale ben si comprende l’importanza di concedere ai detenuti la possibilità di prestare servizio in cella. Ma se si arriva al paradosso per cui questi ultimi guadagnano più degli agenti di polizia penitenziaria? La notizia sta facendo il giro del web suscitando, come prevedibile, non poche polemiche anche perché arriva in un periodo critico in cui lo Stato ha lasciato intendere, senza troppi giri di parole, che la coperta per pagare le pensioni degli agenti è troppo corta.

Troppo facile in questo momento lasciarsi tentare da polemiche a sfondo razzista sui detenuti, per la maggior parte stranieri, che svolgono lavori in carcere (di pulizia o in cucina prevalentemente) che potrebbero invece fare italiani disoccupati. Ma non si tratta di facile populismo. A parlare sono le cifre fornite dagli agenti di polizia penitenziaria.

Lavoro in carcere: conviene essere detenuti o poliziotti?

Ad accendere la miccia sulla notizia che dal prossimo mese i detenuti che lavorano in carcere avranno un aumento di stipendio dell’83% è stato il segretario del Sappe, Sindacato autonomo della polizia penitenziaria, Donato Capece. Un’ingiustizia, dichiara, soprattutto se si considera che gli agenti hanno un contratto bloccato da dieci anni e gli straordinari tagliati. A detenuti che lavorano in carcere, invece, arriveranno 7 euro l’ora (circa mille euro al mese quindi più tredicesima e quattordicesima), senza contare che hanno vitto e alloggio pagati (che costano allo Stato, e quindi ai cittadini che pagano le tasse, 160 euro al giorno per detenuto) mentre gli agenti pagano per il posto letto in caserma e magari hanno sulle spalle mutui per la casa. Il Segretario ha fatto un paragone estero con la Germania, dove ai detenuti è permesso di lavorare ma per 87 centesimi di euro l’ora dai quali viene detratto l’uso della corrente elettrica che consumano in carcere.

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