Il lavoro autonomo non deve avere vincoli di subordinazione non solo sulla carta ma anche nei fatti. L’approccio che si applica è di tipo sostanzialistico perché si guarda all’essenza dei fatti e non ci si ferma alla definizione o all’apparenza.

Ecco quando sei autonomo solo sulla carta

Passando in rassegna alcune recenti sentenze sull’argomento, andiamo ad individuare i casi di lavoro autonomo solo in apparenza.

A luglio scorso, la Cassazione penale, con sentenza n.33038 ha usato come discriminante il fatto che “lavoratore presti la sua opera con la esclusiva applicazione delle proprie energie personali”dal “caso in cui il medesimo, sebbene non dotato di una articolata struttura imprenditoriale, adibisca alla prestazione lavorativa altri soggetti”.

Se il committente diventa datore di lavoro di fatto, è intuibile che cambiano anche le sue responsabilità nei confronti del lavoratore.

Fermo restando che, in ipotesi come quella analizzata dai giudici nel caso di specie, il committente manterrebbe in ogni caso la responsabilità per “culpa in eligendo”. La Cassazione Penale ad esempio, nel 2012, con sentenza n. 6998 ha condannato un committente (ma di fatto lavoratore di lavoro) per non aver sottoposto alla visita medica periodica due lavoratori titolari di ditte individuali ma che sostanzialmente operavano con rapporto di subordinazione nei confronti dell’imputato.

Leggi anche la guida alle false partita IVA