Lavoro a chiamata. Con la riforma Fornero basta un messaggio con il cellulare

 Lavoro  a chiamata o anche conosciuto come lavoro intermittente. Cosa prevede la nuova disciplina modificata dalla riforma del lavoro 2012? Vediamo nel dettaglio.

Lavoro a chiamata nella riforma Fornero

Sul lavoro intermittente o lavoro a chiamata, la riforma del lavoro 2012 è intervenuta modificandone la disciplina. Innanzitutto è bene precisare che il contratto di lavoro intermittente è  una tipologia di contratto con cui il lavoratore mette a disposizione del datore di lavoro, che ne può utilizzare la prestazione in modo discontinuo o intermittente.

Contratto di lavoro a chiamata

Ricorre alle prestazioni di lavoro intermittente disoccupati con meno di 25 anni di età o più di 55, e il ricorso al lavoro intermittente è vietato per sostituire lavoratori in sciopero, o secondo diversa disposizione contrattuale. La riforma del lavoro 2012 del ministro Fornero ha messo mano su questa tipologia di lavoro a chiamata o intermittente, prevedendo che il datore di lavoro che vuole utilizzare prestazioni di lavoro intermittente, ha l’obbligo di inviare una comunicazione preventiva alla direzione territoriale del lavoro competente. Questa comunicazione deve essere fatta ogni volta che s chiama il lavoratore non solo quando si stipula il contratto, altrimenti si pagherà una sanzione da 400 a 2.400 euro per ogni lavoratore. La comunicazione inoltre si precisa che può essere eseguita via fax, tramite posta elettronica oppure via sms, secondo delle linee guida che dovranno essere stabilite con apposito decreto del Ministero del lavoro. La chiamata del lavoratore deve avvenire con un termine di preavviso minimo di un giorno.

La forma del contratto di lavoro a chiamata

La forma del contratto di lavoro intermittente o a chiamata può essere stipulato anche a tempo determinato, deve avere forma scritta ai fini della prova. Il lavoratore si impegna contrattualmente a rispondere alla chiamata e ha diritto in tal caso ad un’indennità di disponibilità non inferiore al 20% della retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato.

Inoltre il lavoratore è obbligato a rispondere e il rifiuto ingiustificato può comportare la risoluzione del contratto, con la restituzione della quota di indennità ricevuta. Al contrario se invece il lavoratore non si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata può percepire unicamente il compenso per il lavoro eventualmente svolto e ha piena facoltà di rispondere o no alla chiamata.