La mini inchiesta sul Superbonus ha scoperchiato un vaso di Pandora: cantieri mai partiti, lavori 110 bloccati, pratiche in attesa in banca per la cessione del credito senza risposta. C’è un esercito di disperati (proprietari e aziende edili sull’orlo del fallimento) dietro all’apparenza di ripresa del settore. Vedere ponteggi e impalcature fa pensare che il Superbonus stia procedendo a gonfie vele ma le problematiche sono molte.

Abbiamo dato voce ai committenti e ad una piccola impresa ed è emersa una grande differenza tra condomini e villette singole.

Per i primi le regole per il 110 sono più facili e le imprese sono più propense a fare i lavori e a concedere lo sconto in fattura o la cessione del credito. Trovare chi sia disposto a fare i lavori 110 per la villetta singola invece è un’impresa ardua. E non è un caso. Ma non è tutto oro quello che luccica: un general contractor ci ha aiutato ad analizzare la questione dalla prospettiva di chi gestisce lavori 110 e pratiche. Ed è emerso che neppure per i condomini le cose sono sempre facili. Facciamo il punto per concludere questo viaggio che ci ha portato alla scoperta di tutto quello che non funziona sul 110 così come pensato e attuato.

L’analisi che segue è frutto di un confronto con il dottor Alessandro Pascariello, responsabile della CP Group, che gestisce cantieri che stanno usufruendo del bonus facciate o del 110 nella zona della Valdinievole, in Toscana.

Lavori 110 in condominio: quello che non dicono

Come abbiamo visto tra i committenti in difficoltà con i lavori del 110 molti sono proprietari privati. Per loro la situazione è davvero critica:

  • SAl 30% richiesto a settembre;
  • aziende senza liquidità (che nel frattempo pagano IVA, tasse e contributi) e con il timore di esporsi;
  • probabile scadenza del 110 a fine 2022, senza ulteriore proroga.

Il secondo punto è una piaga importante. Senza contare che, fiduciose degli incarichi che sarebbero arrivati, molte aziende edili hanno ampliato l’organico, assumendo operai.

Senza contare che l’obbligo di rinnovo della DURC ogni 4 mesi impone alle imprese di essere in regola con i pagamenti per poter effettuare i lavori.

Ma chi vive in condominio oggi può iniziare a cuor leggero i lavori con il 110?

Alla luce di quanto detto non proprio. Almeno fino a che non sarà attuato nella pratica il decreto che ha sbloccato le cessioni multiple. In altre parole almeno fino a quando le banche non riprenderanno a concedere crediti di imposta agli intermediari.

(NdD: Ecco perché noi della redazione di InvestireOggi insistiamo da tempo sull’opportunità di tutelarsi con polizze o fideiussioni bancarie per i lavori del 110).

Costo cessione del credito: chi paga se la banca cambia idea?

Una questione di cui poco si discute è legata alle tempistiche e ai costi della cessione del credito. Perché la banca non risponde e i tempi sono così lunghi? Il problema spesso è proprio che l’istituto stesso non sa quando rientrerà delle somme e questo lo porta a concedere crediti con meno fiducia e generosità.

Partiamo dai costi. Purtroppo quando è stata prevista la cessione del credito non sono state date direttive univoche. Abbiamo visto che ogni banca ha la sua offerta: in media a fronte di un credito di 110 vengono riconosciute 102 euro. Ma questa situazione di incertezza ha spinto alcune banche a cambiare il pricing scendendo sotto i cento. Per costruttori e general contractor questo significa dover sostenere altri costi erodendo i vantaggi di fare questi cantieri oppure tutelarsi con una clausola che li riversi sui committenti. Chi sognava di rifarsi casa gratis con il 110 potrebbe storcere il naso di fronte a questa clausola o trovarsi impreparato e a corto di liquidità.

Ma, alla luce di quanto spiegato, in alcuni casi questa è l’unica via per non rendere sconveniente certi cantieri.

L’impresa non può certo rischiare di andare in perdita su un cantiere. Tuttavia è bene che il committente sappia che lavori con il 110 non significa automaticamente e sempre fare tutto gratis, soprattutto se spinti dall’entusiasmo del maxi sconto si richiedono lavori non impellenti (anche perché ricordiamo che va sempre considerato il massimale di spesa).

Se le banche non hanno credito si blocca la pratica 110 per tutti a catena

Il problema, quindi, è a monte. Immaginiamo una piramide: alla base ci sono i committenti che non trovano imprese disposte a fare i lavori con il 110. Un gradino sopra troviamo le imprese, a corto di liquidità e costrette in molti casi ad anticipare grosse cifre in attesa che sia concesso il credito di imposta dalle banche o dai general contractor. Da ultimo ci sono loro: le banche, che dovrebbero erogare credito. Si capisce facilmente che l’unico modo per sbloccare questo status sia dare respiro agli enti creditori.

C’è poi la questione tempi. Secondo le ultimissime notizie alcuni istituti stanno ricevendo platfond per sbloccare le pratiche di cessione del credito. Ma quanto tempo passa dalla presentazione delle domande alla comunicazione dell’esito? Nella migliore delle ipotesi almeno un mese/un mese e mezzo. Per i primi cantieri con il 110 erano sufficienti una decina di giorni: la procedura era più snella perché non c’era ingolfamento delle piattaforme in cui vengono inserite le richieste. Basti pensare che, in media, una piattaforma è in grado di gestire circa 6 mila pratiche. Questo a fronte di più del triplo di pratiche inserite. Prima di concedere il credito poi la banca deve effettuare un passaggio con l’Agenzia delle Entrate per l’abbinamento dei dati con quanto risulta nel cassette fiscale di imprese e general contractor. E non sempre questa verifica prosegue snella nell’immediato. Con il risultato che i tempi si allungano ulteriormente.

Come sbloccare la situazione paradossale del 110

Forse per il 2023 sarà più facile fare i lavori 110? Da un lato le banche potrebbero avere nuova liquidità azzerando i bilanci e questo rispolvererebbe le pratiche in attesa del Superbonus. Ma è urgente sbloccare la situazione attuale, del 2022. Come? Tutti i passaggi della piramide di cui sopra devono avere più fiducia nell’esporsi e questo deriva solo da regole e tempistiche chiare. Occorre creare un polmone economico per le banche. Dargli respiro. Il Governo, da parte sua, dovrebbe dare maggiore fiducia alle parti (imprese e committenti): le parole di Draghi contro il Superbonus non sono incoraggianti per chi deve fare i lavori perché si temono nuovi cambiamenti normativi e paletti con regole più rigide con effetto retroattivo, come già successo per la cessione del credito multipla. Va risolta anche la questione dell’ingolfamento delle piattaforme.

Lo sbaglio di fondo, concludendo l’inchiesta sul 110, è stato voler concentrare tutta la gestione del Superbonus in un triennio. Soprattutto considerando che il primo anno è andato perso in attesa della normativa. Ciò ha portato inevitabilmente, quando si è partiti con il 110, ad un sovraccarico delle piattaforme con lunghe attese. Sarebbe stato più logico ed efficace prevedere un bonus strutturale, magari non del 110 ma che riconoscesse una percentuale più bassa. Questo avrebbe anche impedito di gonfiare i preventivi con lavori non necessari, buttati dentro la pratica solo perché gratis. E avrebbe ostacolato anche la speculazione che c’è stata sui materiali. Vi avranno detto che è dipeso dalla guerra ma questa è stata più una scusante. Anche perché il bonus 110 è partito male da subito, ben prima della guerra.

Anche perché ad oggi questo sistema fallato ha coinvolto la cessione del credito per tutti i bonus casa. Forse l’unico con il quale si riesce a partire più agevolmente con il cantiere è il bonus ristrutturazioni al 50%. Questo perché la ditta può contare sulla parte che mette il committente.

Ringraziamo il dottor Alessandro Pascariello per il tempo e la disponibilità.