Ancora un no per i lavoratori impatriati che hanno intenzione di allungare la durata del regime fiscale agevolato a loro riservato ma che non hanno effettuato il versamento richiesto dalla legge ai fini dell’opzione. Infatti, nella circolare n° 6 con la quale l’Agenzia delle entrate ha fornito nuovi chiarimenti sulla pace fiscale, è stato chiarito che non è possibile regolarizzare l’omesso versamento neanche se si ricorre al ravvedimento speciale di cui alla Legge n°197/2022, Legge di bilancio 2023.

Vediamo nello specifico quali sono i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate.

Il ravvedimento speciale

In deroga al ravvedimento operoso ordinario, la Legge n°197/2022, Legge di bilancio 2023 ha previsto un ravvedimento definito speciale; l’aggettivo è più che mai consono posto che tale tipo di ravvedimento permette di pagare le sanzioni previste dalla legge per la riduzione commessa con un abbattimento a 1/18. Sono oggetto di ravvedimento speciale le violazioni riconducibili a dichiarazioni validamente presentate, anche tardive, relative al periodo d’imposta 2021 e precedenti.

Sono sanabili violazioni connesse alle dichiarazioni, Redditi, Iva, 770, validamente presentate.

Detto ciò, grazie al ravvedimento speciale, il contribuente ha la possibilità di pagare il totale dovuto in otto rate trimestrali di pari importo. Con scadenza della prima rata il 31 marzo 2023. Sulle rate successive alla prima, da versare, rispettivamente, entro il 30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ogni anno, sono dovuti gli interessi nella misura del 2 per cento annuo.

Il mancato pagamento, anche parziale, di una delle rate successive alla prima entro il termine di versamento della rata successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti.

Con l’applicazione:

  • della sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 sul residuo dovuto a titolo di imposta;
  • degli interessi nella misura prevista dall’articolo 20 del DPR n. 602 del 197314, con decorrenza dalla data del 31 marzo 2023.

In tali ipotesi, la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di decadenza dalla rateazione.

In base alla circolare n°2/2023 (passaggio discutibile):

non sono definibili con il ravvedimento speciale in commento le violazioni rilevabili ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e le violazioni formali.

Lavoratori impatriati. Stop al ravvedimento speciale

Proprio sul ravvedimento speciale, nella circolare n°6, l’Agenzia delle entrate ha chiarito se tale tipo di sanatoria possa essere sfruttata anche dai lavoratoti impatriati che hanno intenzione di allungare la durata del regime fiscale agevolato a loro riservato ma che non hanno effettuato il versamento richiesto dalla legge ai fini dell’opzione.

La domanda che è stata posta all’Agenzia delle entrate è la seguente:

È possibile avvalersi del ravvedimento speciale nell’ambito del regime fiscale previsto per i cd. impatriati, in particolare ai fini dell’esercizio dell’opzione per la proroga ex articolo 5, comma 2-bis, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34?

Nella circolare n. 2/E del 2023 è stato chiarito che al ravvedimento speciale si applicano i medesimi chiarimenti già forniti con riguardo al ravvedimento ordinario, per quanto non derogato espressamente. Il versamento contemplato dall’articolo 5, comma 2-bis, del d.l. n. 34 del 2019, è funzionale all’esercizio dell’opzione per la proroga del regime fiscale previsto per i cd. impatriati, nelle ipotesi ivi contemplate.

La sua assenza o insufficienza determina l’esclusione dalla proroga predetta e, quindi, non rappresenta alcuna violazione “regolarizzabile” nella forma del ravvedimento speciale, al pari di quanto già detto con riferimento al ravvedimento ordinario.

Proprio su tale passaggio, di recente l’Agenzia delle entrate ha ribadito che il lavoratore impatriato non può regolarizzare il suddetto versamento neanche ricorrendo alla remissione in bonis o al ravvedimento ordinario.