Fra le varie ipotesi di riforma pensioni in discussione in questi giorni c’è anche quella avanzata dall’economista Michele Raitano. Essa si basa su un taglio dell’assegno del 3% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni.

Più precisamente, Raitano propone di affrontare il tema di riforma pensioni introducendo un taglio dell’assegno solo sulla parte retributiva dei contributi versati, quindi ante 1996. Salvaguardando invece il montante contributivo accumulato successivamente.

Riforma pensioni, la proposta Raitano

La proposta di Raitano piace al governo, un po’ meno ai sindacati.

Rispecchia un po’ il progetto di riforma pensioni avanzato dall’Inps tempo fa circa la flessibilità in uscita. Il presidente Pasquale Tridico propone infatti di concedere la pensione in due tranches.

Una prima parte al raggiungimento dei 64 anni di età, ma solo liquidando la pensione per la parte dei contributi maturati nel sistema contributivo. E una seconda parte, al raggiungimento dei 67 anni, anche per i contributi versati nel sistema retributivo.

In entrambi i casi vi sarebbe un risparmio di spesa e le pensioni non sarebbero tagliate drasticamente come vorrebbe il premier Draghi parlando di “sostenibilità finanziaria”. Il sistema di calcolo retributivo sarebbe preservato per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996.

Penalizzato chi ha lavorato di più e fatto carriera

La proposta Raitano, però non tiene. Così come non va bene quella prospettata da Tridico. Secondo i sindacati, in entrambi i casi, agendo con la leva del taglio del 3% solo sulla parte retributiva o dividendo la pensione si andrebbe a colpire maggiormente chi ha lavorato di più.

In sostanza, chi ha più contributi versati nel sistema di calcolo retributivo sarebbe più penalizzato rispetto a chi ne ha di meno. Pertanto i lavoratori con una anzianità lavorativa maggiore, anziché essere premiati risulterebbero penalizzati.

In questo modo si verrebbe a creare una disparità di trattamento perché il sistema dei tagli sarebbe iniquo per chi ha iniziato a lavorare presto.

Anche la proposta dell’Inps non funziona perché chi ha avuto aumenti di stipendio alla fine della carriera non potrà beneficiare pienamente di una pensione pienamente avvalorata uscendo in anticipo dal lavoro.

La pensione liquidata in due tranches, una a 63-64 anni e una a 67 anni non tiene, infatti, conto dei corretti parametri di calcolo sul monte contributivo. Esso verrebbe diviso in parti distinte e la pensione calcolata inizialmente solo sulla parte contributiva, quella dove si è fatta carriera, con un coefficiente di trasformazione più basso rispetto alla seconda parte.