Permettere ad un disoccupato di accedere alla pensione al raggiungimento di determinati requisiti è sicuramente una cosa, dal punto di vista morale, giusta e lecita. Un disoccupato soprattutto se di una certa età è piuttosto avanti con gli anni, ha maggiore difficoltà a trovare nuova occupazione rispetto ad un ragazzo giovane. Un problema questo che i legislatori da qualche anno hanno iniziato a tenere in considerazione. Infatti negli ultimi anni sono nate due misure che tengono conto proprio della disoccupazione come fattore che consente un pensionamento in anticipo.

Le due misure sono l’Ape sociale e la quota 41. Due misure che si rivolgono, tra le tante categorie a cui sono destinate, pure ai disoccupati. È proprio un disoccupato ci scrive chiedendo delucidazioni in merito. 

“Buonasera, sono un vostro assiduo lettore e vi chiedo cosa dovrei fare adesso per andare in pensione dopo aver terminato di percepire la disoccupazione. Sono un signore di 65 anni di età che a febbraio del 2023 terminerà di percepire la Naspi. Infatti dopo una lunga carriera di lavoro durata oltre 40 anni (ho 39 anni di contributi effettivi), fui licenziato nel 2021 e mi sono messo in disoccupazione. So che ci sono delle misure che consentono proprio a chi finisce la Naspi di accedere alla pensione. Cosa dovrei fare io a febbraio dopo aver completato la Naspi?” 

L’Ape sociale e la quota 41 precoci, anche ai disoccupati la pensione anticipata  

pensione anticipata
Le due misure a cui fa riferimento chi ci scrive sono l’anticipo pensionistico sociale è la quota 41 per i precoci. In base a ciò che ci dice il nostro lettore potrebbe avere diritto ad entrambe le misure. Pertanto al termine della Naspi effettivamente potrebbe in entrambi i casi andare in pensione. E senza dover attendere necessariamente i 67 anni di età della pensione di vecchiaia o senza trovare un nuovo lavoro per completare i 42 anni 10 mesi di contributi versati utili alla pensione anticipata ordinaria.

Effettivamente i disoccupati sono uno delle categorie di tutela che rientrano sia nella quota 41 per i precoci che nell’Ape sociale. Va ha detto subito che al termine della Naspi per poter passare ad una delle due misure pensionistiche dovrebbe attendere tre mesi. Infatti in entrambi i casi le misure possono essere richieste decorsi tre mesi dall’ultima mensilità di Naspi percepita. Nel caso della quota 41 c’è da attendere anche la finestra di tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti. 

Pensione anticipata per i disoccupati: come fare al termine della Naspi  

Il nostro lettore come già detto sembra abbia il diritto per entrambe le misure. Infatti per l’Ape sociale non dovrebbe aver nessun tipo di problema dal momento che ha oltre 30 anni di contributi versati ed ha già compiuto i 63 anni di età. E sono i due requisiti minimi per la misura. In quel caso meglio chiedere la certificazione del diritto all’INPS in modo che l’Istituto confermi al nostro lettore il fatto che ha maturato i requisiti proprio per l’Ape sociale. A maggio 2023 potrebbe presentare domanda di pensione con l’Ape sociale per ottenere un assegno a partire dal primo giugno prossimo. Lo stesso discorso per la guerra 41, perché pare che abbia già 39 anni di contributi maturati ed effettivi da lavoro. Il che lo mette al riparo dal requisito minimo dei 35 anni effettivi che serve per percepire la quota 41. Con l’aggiunta di due anni di contribuzione figurativa della Naspi il nostro lettore potrebbe completare i due anni che lo portano da 39 a 41. Anche in questo caso meglio chiedere la certificazione del diritto all’INPS se non l’ha già fatto. L’unico dubbio sulla quota 41 può essere un anno di contributi come lavoratori precoce.

In effetti per poter sfruttare la quota 41 serve che almeno un anno di contributi, anche senza continuità, sia stato versato prima di compiere 19 anni di età. 

Perché la quota 41 è migliore dell’ape sociale 

In ogni caso quindi il nostro lettore ha più di qualche possibilità di andare in pensione al termine del periodo coperto dalla disoccupazione INPS. Un caso assolutamente particolare questo perché poi dovrebbe essere il nostro lettore a scegliere una delle due vie. Nel caso in cui avesse diritto ad entrambe le misure, sarebbe meglio puntare quota 41. Se dal punto di vista della platea dei beneficiari le misure appaiono simili, sono completamente diverse come struttura. Paradossalmente con entrambe le misure il nostro lavoratore andrebbe a percepire lo stesso importo di pensione dal momento che queste sono calcolate in base ai contributi e ai requisiti completati. Quindi con il sistema misto. L’Ape sociale però viene erogata su 12 mensilità (niente tredicesima ed è una misura temporanea perché poi a 67 anni di età occorre presentare la domanda di pensione di vecchiaia. La quota 41 invece non ha limiti di importo e una volta percepita diventa la pensione che il lavoratore avrà per tutti i restanti giorni della sua vita.  

La reversibilità va considerata sulle pensioni

Inoltre la quota 41 è più favorevole rispetto all’Ape sociale perché rientra nel perimetro delle integrazioni al trattamento minimo, delle maggiorazioni sociali e degli assegni per il nucleo familiare. Ed è perfino reversibile in caso di decesso prematuro del beneficiario. Cosa questa che per l’Ape sociale non esiste. In definitiva, passando sempre dalla certificazione del diritto dell’INPS, il nostro lettore se deve scegliere tra una delle due misure meglio scegliere quota 41, sempre se può.