Per anni la soluzione per andare in pensione prima rispetto ai requisiti ordinari è stata sempre quella del lavoro precoce. L’unica misura alternativa alla pensione anticipata ordinaria, perché senza limiti anagrafici è stata la pensione con la quota 41 per i precoci. Una misura però limitata a poche categorie che oltre ad essere precoci, dovevano anche avere determinate problematiche.

Infatti la quota 41 precoci resta anche nel 2023 ad appannaggio di lavoratori alle prese con lavori gravosi, invalidi, soggetti che assistono parenti invalidi o disoccupati.

Ma con 41 anni di contributi nel 2023 questa carriera diventa sufficiente anche per altri lavoratori che hanno raggiunto la giusta età anagrafica.

“Buonasera mi chiamo Ernesto e sono un lavoratore dipendente che ha un dubbio riguardo le sue eventuali possibilità di andare in pensione a settembre del 2023. Infatti è a settembre prossimo che dovrei completare la mia carriera lavorativa composta da 41 anni di contributi versati. Ho sempre lavorato in edilizia, e ormai a 62 anni di età compiuti a gennaio, vorrei andare a riposo. L’unica cosa che è mi lascia perplesso per la mia possibilità di accedere alla pensione nel 2023, è che se non ho capito male, dovrei essere anche un precoce.

In parole povere, per poter accedere alla quota 41 devo aver iniziato a lavorare come precoce. Io ho iniziato a lavorare prima dei 18 anni di età, ma tra i 18 ai 20 anni di età ho sei mesi di contributi versati e da quando ho capito ne servirebbero 12. Secondo voi che potrei fare per poter andare in pensione nonostante quella che a tutti gli effetti è una mia carenza?”

Pensioni con 41 anni di contributi nel 2023? Entra in scena l’età

Nel 2023 41 anni di contributi versati saranno la carriera giusta per poter accedere alla quiescenza non con una ma con due misure. E sono due strumenti assai differenti tra loro. La prima misura è la quota 41 per i precoci, che è anche la misura a cui fa riferimento il nostro lettore.

La seconda invece è la quota 103, appena entrata nel sistema perché varata dal Governo Meloni in sostituzione della quota 102. In entrambi i casi si tratta di due misure che consentono il pensionamento proprio con una carriera fatta da 41 anni di contributi versati.

Il nostro lettore parlando della quota 41, non può averne accesso dal momento che gli manca uno dei principali requisiti che la misura prevede che è quello dei precoci. A prescindere che sia stato versato consecutivamente o in maniera frammentata, per poter accedere alla quota 41 per i precoci serve che almeno uno dei 41 anni di contributi versati sia stato accreditato al contribuente già prima del raggiungimento dei 19 anni di età. Si tratta di uno dei limiti più rigidi della misura, che la rende poco fruibile e difficile da completare.

La quota 103 e lo status di lavoratore precoce

Il nostro lettore nonostante a settembre completerà i 41 anni di contributi versati necessari alla quota 41 per i precoci, e nonostante ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni, ha una limitazione evidente. Non ha 12 mesi (un anno anche discontinuamente versato) di contribuzione versata prima dei 19 anni di età. Infatti per la quota 41 di oggi, che non è quella per tutti che vorrebbero la Lega e i sindacati, servono 41 anni di contributi. Di cui uno prima dei 19 anni di età e almeno 35 anni effettivi da lavoro. A poco serve che svolga il lavoro di edile e quindi sia lavoro gravoso. Come a poco serve aver completato i 35 anni di contribuzione senza considerare i figurativi per disoccupazione o malattia.

Tutti i tanti limiti della quota 103 e della sua pensione anticipata

Come evidenza vuole, si tratta di una misura che non è aperta alla generalità dei lavoratori ma soltanto a invalidi, a disoccupati, a caregiver o ai lavori gravosi e pure con diversi altri contributi aggiuntivi.

Serve infatti che il lavoro gravoso sia stato effettuato per 7 degli ultimi 10 anni di carriera (o al massimo per 6 degli ultimi 7 anni). Oppure che la disabilità sia certificata dalle competenti commissioni ASL e in misura non inferiore al 74%. O ancora, che l’attività di assistenza al parente disabile deve essere avviata almeno 6 mesi prima di presentare domanda di quota 41.

Pensione anticipata: la quota 103 in soccorso di chi ha 41 anni di contributi ma non è un lavoratore precoce

Anche non essendo precoce ed anche non rientrando perfettamente nella quota 41 si possono aprire le porte della pensione nel 2023 per il nostro lettore. E come per lui per tanti altri che magari anche avendo 41 anni di contributi non sono precoci. Oppure non rispettano il giusto grado di disabilità come invalidi o la giusta e preventiva durata dell’assistenza al parente disabile. In pratica, la Legge di Bilancio introduce una misura che ha nei 41 anni di contributi la soglia utile alla pensione, e senza avere i vincoli della quota 41 precoci.

La misura è la quota 103, che come detto non ha il vincolo del lavoro precoce. E non ha nemmeno le differenze di platee che possono avere accesso alla pensione anticipata. L’unico altro vincolo oltre ai 41 anni di contributi versati di cui 35 anni effettivi, è l’età. Infatti per la quota 103 serve arrivare almeno a 62 anni di età.

La quota 103 nel 2023, ecco come funziona

Pensioni con Quota 103

La somma di età e contribuzione previdenziale versata è quello che serve per la quota 103. Infatti serve che ai 41 anni di contributi versati vengano aggiunti anche almeno 62 anni di età. In questo modo, anche chi non è precoce, oppure chi non è alle prese con un lavoro gravoso, o non è invalido, o nemmeno caregivers e disoccupato, nel 2023 potrà avere accesso alla pensione. La misura è neutra da questo punto di vista e calza alla perfezione al profilo che ha il nostro lettore. Con 62 anni di età già compiuti e 41 anni di carriera che completerà a settembre, attendendo 3 mesi di finestra dala data di completamento di entrambi i requisiti, a dicembre potrà andare finalmente in pensione, prendendo probabilmente a gennaio 2024 il primo rateo di pensione spettante.