L’Italia non fa figli e continua a spendere troppo per le pensioni. L’ultima follia si chiama Quota 100, che ha ritardato le previsioni di contenimento della spesa pubblica. Al punto che Moody’s, una delle tre principali agenzie di rating, starebbe per declassare il debito pubblico (record) italiano a livello di spazzatura.

Dati alla mano, nel 2021 il conto nazionale delle pensioni pagate dall’Inps è aumentato dell’1,5%, portandosi a quota 238,27 miliardi di euro. Un incremento naturale e che non compromette gli equilibri di spesa delle rendite pubbliche – dicono gli esperti – ma solo per adesso.

E in futuro?

Senza soldi e senza figli, come pagheremo le pensioni?

Le pensioni anticipate finora erogate andranno a pesare gradualmente sui conti dell’Inps negli anni a venire. Al punto che – come a avverte il presidente Pasquale Tridico – si rischia un patrimonio negativo di 92 miliardi fra sei anni. Un quadro aggravato dal decremento della natalità che non trova eguali in Europa.

E qui montano le preoccupazioni, come trapela anche dalle previsioni del Def 2023, legate ai numeri drammatici della spesa previdenziale italiana evidenziati più volte dall’Inps. Per dirla con le parole di Tridico:

“Il sistema pensionistico in un Paese con 60 milioni di abitanti non si può reggere, nel lungo periodo, con sole 23 milioni di persone che lavorano”.

Viene quindi da domandarsi chi potrà sostenere la spesa futura per le pensioni se i lavoratori che sorreggono il sistema sono sempre meno. Come possiamo pretendere di pagare ancora rendite anticipate se mancano le entrate contributive?

In altre parole, se l’indice di natalità non torna a crescere il welfare italiano è destinato a erodersi alla base. Con conseguenze spiacevoli per le pensioni. Arriveranno altri tagli e altre riforme, ma non certo a favore dei lavoratori. E nemmeno dei pensionati che già da quest’anno pagano la mancata rivalutazione piena degli assegni sopra 4 volte il trattamento minimo.

I giovani costretti a pagare il conto

Il problema delle culle vuote sta quindi già impattando sui conti pubblici. Il rapporto fra lavoratori e pensionati è in calo a 1,3 e arriverà a 1 entro il 2050, secondo l’Inps. Numeri che già oggi evidenziano la precarietà del sistema pensionistico italiano.

A ricordare al governo la precarietà del sistema è Pasquale Tridico. Il numero uno dell’Inps avverte che “il quadro da qui al 2029 non è positivo”. Col rischio che a quella data il patrimonio dell’Istituto sia negativo per 92 miliardi di euro.

Perché il costo per prestazioni previdenziali nel 2021 ha raggiunto i 312 miliardi di euro (il 16,2% del Pil) ed è in crescita ogni anno che passa. E la voce che incide maggiormente è proprio quella sulle pensioni anticipate (il 56% del totale). Quelle che il Governo Meloni intende tagliare dal prossimo anno.