L’Inps va incontro alle esigenze dei dipendenti pubblici in tema di Tfs. Non più lunghi tempi di attesa per avere la buonuscita e nemmeno prestiti onerosi da parte delle banche, ma tutto subito in cambio di una piccola penalizzazione.

Il Consiglio di amministrazione dell’Inps ha infatti deciso di anticipare la liquidazione ai dipendenti pubblici in pensione in attesa di Tfs dal 1 febbraio 2023. Il pagamento avverrà a fronte della corresponsione di un tasso agevolato del 1%, oltre allo 0,5% di spese.

Dal 1 febbraio 2023 più facile incassare il Tfs

Come noto i tempi di attesa del Tfs per i dipendenti pubblici sono lunghi. La buonuscita degli statali non è pagata al momento della cessazione del rapporto di lavoro, ma a distanza di tempo. Bisogna aspettare dai 12 ai 24 mesi, sempre che l’importo della liquidazione non superi i 50.000 euro. In quel caso i tempi di pagamento si allungano ulteriormente.

Ma oltre a questo aspetto negativo e che discrimina il lavoratore pubblico da quello privato, adesso se ne aggiunge un altro. L’inflazione. Il trattamento di fine rapporto, se pagato subito non costituisce un problema, ma se si ritarda il capitale si erode.

Così l’Inps ha deciso di dare una mano agli statali anticipando il pagamento del Tfs maturato a fronte di un tasso agevolato del 1% all’anno, più spese di istruttoria. In pratica al lavoratore che spetta una liquidazione dopo un anno di attesa fino a questo importo viene proposto di ricevere i soldi immediatamente dietro il pagamento di 500 euro, più 250 euro di spese. Quindi 49.250 euro subito oppure 50.000 dopo 12 mesi.

Le risorse per anticipare il Tfs

A spingere l’Inps verso questa decisione è stato il nuovo governo Meloni che vede le banche in prima fila pronte a speculare sui ritardi di pagamento del Tfs agli statali. I finanziamenti, a valere sulla quasi totalità del trattamento di fine servizio maturato, sono infatti concessi a fronte di un tasso che arriva mediamente al 4%.

L’Inps lo concede adesso a un tasso quattro volte inferiore. Ma dove prende i soldi l’Istituto? Le risorse per l’anticipo – spiega l’Istituto – saranno reperite nel Fondo Welfare che è alimentato con lo 0,35% delle retribuzioni dei lavoratori pubblici per prestazioni come borse di studio ai figli dei dipendenti, vacanze studio e iniziative sanitarie.

Il finanziamento sarà quindi elaborato nei tempi massimi di due mesi e mezzo dal rilascio della certificazione del Tfs da parte dell’Inps. Si tratta dei così detti tempi tecnici di istruttoria. Il che potrà avvenire solo dopo che il dipendente avrà presentato domanda di pensione.

L’inflazione erode la buonuscita degli statali

Ma come si è arrivati a questo punto? Non si poteva intervenire prima? Ebbene, la risposta sta, oltre che nella politica, anche nelle mutate condizioni economiche dell’Italia avvenute nel corso del 2022.

Finché il tasso d’inflazione è rimasto basso l’importo del Tfs, benché pagato a distanza di tempo, poteva garantire un potere di acquisto stabile. Ma oggi, con l’inflazione che si è impennata al 7-8%, ricevere il Tfs a distanza di 12-24 mesi comporta una forte penalizzazione.

Fatto 100 l’importo spettante a uno statale che cessa il servizio, attendere 2 anni per ricevere il Tfs comporta una perdita nominale di 14-16 punti. Il che implica ricevere una buonuscita il cui potere d’acquisto sarà diminuito.

A disciplinare le modalità di liquidazione del Tfs è la legge di bilancio per il 2014 (numero 147 del 27 dicembre 2013).  Una legge che il Tar del Lazio ha già contestato ritenendola illegittima, soprattutto per quanto concerne il pagamento rateale.

Pagamento rateale del Tfs

Infatti, secondo quando disposto dalla legge di bilancio del 2014, il Tfs è pagato in unica soluzione solo fino a un certo importo.

La soglia limite è 50.000 euro lordi (prima era di 90.000). Qualora il calcolo ecceda tale soglia, l’ente di previdenza deve liquidare il trattamento di fine servizio in due o più rate annuali.

Così, ad esempio, se il Tfs maturato è pari a 130.000 euro, la prima rata da 50.000 euro sarà corrisposta secondo i termini di legge (12-24 mesi). Mentre la seconda rata, sempre di pari importo, a distanza di 12 mesi e la terza e ultima rata da 30.000 euro a distanza di altri 12 mesi.

Un vero e proprio scippo se disgraziatamente l’inflazione continuasse a correre. Il rischio sarebbe quello di vedersi vanificare nel tempo il potere di acquisto sui risparmi accantonati col Tfs. Così, ad esempio, se il pensionato volesse acquistare una casa da regalare al figlio che si sposa, rischia di rimetterci soldi alla fine.