Peggiora il quadro economico italiano e non solo. La rapida impennata dell’inflazione che non accenna a dare segnali di tregua allontana la riforma pensioni. Questione di soldi e di priorità da rispettare.

Il governo Draghi ha fatto il punto della situazione economica e finanziaria del nostro Paese nel Def 2022 di maggio. Nel frattempo, però, le previsioni formulate nel documento di programmazione economica e finanziaria sono cambiate. In peggio.

Inflazione e recessione allontanano la riforma pensioni

L’economia sta rallentando velocemente e l’esplosione dei prezzi dovuta al rincaro delle materie prime crea non poche preoccupazioni a Palazzo Chigi.

Il governo dovrà presto intervenire con altri aiuti economici per evitare che la crisi si avviti su se stessa mandando in malora la tenue ripresa del 2022.

A pagare il conto dell’inflazione saranno, ancora una volta, i lavoratori e pensionati. Il potere di acquisto delle pensioni è precipitato in questi mesi e il bonus da 200 euro a luglio è un contentino che lascia il tempo che trova.

Per ridare potere d’acquisto ai pensionati bisognerà attendere ancora sei mesi. Quando con la legge di bilancio saranno stanziati i soldi per rivalutare le pensioni 2023 in base ai dati dell’inflazione che si preannuncia quest’anno intorno al 6-7%.

Servono 10 miliardi per rivalutare gli assegni

Serviranno almeno 10 miliardi di euro per la perequazione degli assegni. Soldi che mancheranno, a questo punto, per la riforma pensioni programmata per quest’anno. Inutile quindi sperare in Quota 41 o uscita a 62 anni come chiedono i sindacati.

Secondo l‘Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), nei prossimi tre anni lo Stato dovrà sborsare 45,4 miliardi di euro per tutelare il potere d’acquisto dei pensionati. Questo nel caso di un inflazione superiore di due punti rispetto a quanto previsto nel Def 2022.

Soldi che dovranno essere stanziati con la prossima manovra di bilancio, l’ultima di questa legislatura.

Per cui difficilmente si potranno trovare altre risorse per la riforma pensioni che, a questo punto, rimarrà opera non compiuta anche per quest’anno.

Nulla vieta al Parlamento di fare piccoli aggiustamenti, prorogando Opzione Donna, Ape Sociale e Quota 102. Quest’ultima potrebbe diventare anche Quota 103.