La riforma pensioni 2023 resta un mistero per tutti. Siamo in piena estate e ancora nulla è stato concepito in tal senso. Le trattative del governo coi sindacati si sono interrotte e nel Def 2022 non vi è alcun cenno alla riforma.

Le preoccupazioni dei lavoratori sono, quindi, tante e il rischio di un pieno ritorno alle regole Fornero fra qualche mese si fa sempre più concreto. Il governo, tuttavia, ha sempre dimostrato una certa sensibilità verso la flessibilità in uscita.

Chi va in pensione prima con Ape Sociale

In primis verso coloro che svolgono lavori usuranti ai quali è riconosciuta maggiore tutela rispetto alla generalità dei lavoratori.

Ciò avviene nell’ambito di Ape Sociale dove coloro che svolgono attività gravose o notturne hanno diritto ad andare in pensione qualche anno prima.

La lista dei lavoratori usuranti è stata allungata di 25 categorie quest’anno e non è escluso che dal 2023 possa essere ulteriormente estesa. Ciò significa che molti lavoratori possono andare in pensione a 63 anni con almeno 36 di contributi (32 per gli edili e ceramisti).

Il problema, però, non è tanto l’età della pensione, quanto l’assegno – fanno notare i sindacati . Uscire prima dal lavoro implica percepire una rendita più bassa perché il coefficiente di trasformazione è minore. Questo in un contesto di liquidazione della pensione col sistema interamente contributivo che sta entrando gradualmente a regime.

L’aspettativa di vita dei lavoratori usuranti

Christian Ferrari, segretario confederale della CGIL, spiega che la riforma pensioni dovrebbe riguardare i lavori gravosi, agendo non solo per abbassare il requisito contributivo, ma anche per alzare l’importo dell’assegno.

È evidente che, in un sistema contributivo, uscire prima dal lavoro significa percepire una pensione più bassa, peccato che l’attesa di vita di un lavoratore gravoso sia più bassa degli altri”.

In pratica bisognerebbe fare in modo che Ape Sociale diventi flessibile anche per quanto riguarda il calcolo della pensione, non solo sull’età pensionabile.

In altre parole, bisognerebbe introdurre coefficienti di trasformazione differenziati, come chiedono anche i militari.

O quantomeno istituire un fondo di perequazione che contribuisca a sanare la differenza in termini quantitativi sull’assegno della pensione. Al momento in lavoratori usuranti beneficiano solo della possibilità di andare in pensione prima degli altri.