Aumenta il pressing verso una riforma pensioni per evitare il ritorno integrale alla Fornero. La preoccupazione dei lavoratori e dei sindacati è ai massimi livelli e il nuovo Parlamento non potrà non tenerne conto.

La strada è stretta, si sa, per via delle quadrature di bilancio. Ritoccare l’assetto pensionistico, dopo la fine di Quota 100 (da quest’anno anche di Quota 102) comporta maggiori spese che non sono ben viste dall’Europa.

In pensione prima dei 67 anni nel 2023

Ma, arrivati a questo punto, senza più deroghe alla pensione di vecchiaia (67 anni di età) è necessario riconoscere ai lavoratori almeno una alternativa di uscita a prescindere dall’età.

E le pensioni anticipate previste dal nostro ordinamento, cioè 42 anni e 10 mesi di contributi (12 mesi in meno per le donne), a prescindere dall’età, sono particolarmente penalizzanti.

Serve un ritocco, un passo indietro. In questo senso, Quota 41 potrebbe fungere da rimedio. Anche se si tratta di un intervento che non darebbe la possibilità ai lavoratori di andare in pensione tanto presto. 41 anni di contributi sono sempre tanti.

A chiedere la riforma pensioni, in questo senso, è anche il segretario generale della Confederazione Autonoma Europea dei Lavoratori, Domenico Marrella, il quale spiega che

noi siamo aperti a Quota 41 anche per mettere nel dimenticatoio la Legge Fornero e guardare a tutte le strade utili per anticipare la pensione ai lavoratori, specie quelli più in difficoltà, le donne, i disoccupati, chi ha carriere discontinue”.

Il nodo dei costi

Quota 41 non sarebbe l’ideale per riformare il sistema pensionistico, ma è il massimo che si potrebbe ottenere per evitare il ritorno della Fornero. Posto che Quota 102 (in pensione a 64 anni con 38 di contributi) sta per scadere. Come dice il leader della Lega Matteo Salvini

ll primo gennaio dell’anno prossimo, se il Parlamento non fa niente, torna in vigore la maledetta Legge Fornero, maledetta la Legge, non la Fornero che significherebbe cinque anni in più di lavoro”.

Tuttavia c’è un ostacolo e un muro issato dal premier Draghi. Quota 41 dovrebbe essere finanziariamente sostenibile. E non lo è. Secondo l’Inps  costerebbe alle casse dello Stato 18 miliardi di euro fino al 2025. Uno cifra al momento non sostenibile.

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