Per il dopo quota 100 si punta a una pensione anticipata a 62 anni, ma solo parziale. La proposta avanzata dal presidente dell’inps Pasquale Tridico punta a un sistema duale con doppia liquidazione della pensione.

In pratica – spiega Tridico – per superare a quota 100 che terminerà alla fine del 2021, si potrebbe consentire l’uscita anticipata dal lavoro a 62 anni, ma con penalizzazione. Una penalizzazione temporanea, però, giusto il tempo di maturare i requisiti di vecchiaia.

Pensione anticipata a 62 anni

Stando alle stime di spesa effettuate dall’Inps e considerati i risparmi derivanti da quota 100 (circa 8 miliardi rispetto a quanto preventivato), concedere la pensione in anticipo a 62 anni è possibile e sostenibile.

In parole semplici, lo schema, prevede la liquidazione della pensione in due tranche. La prima al raggiungimento dei 62 anni di età, ma solo sulla base dei contributi versati nel sistema contributivo. Quindi dal 1996 in poi. La seconda al raggiungimento dei 67 anni di età sulla base dei contributi versati nel sistema retributivo. Cioè fino al 1995.

Sarebbe così mantenuto il requisito anagrafico dei 62 anni, così come previsto da quota 100, mentre sarebbe cancellato il requisito contributivo minimo dei 38 anni versati. Resterebbe valido solo il requisito minimo dei 20 anni di contributi versati ai fini pensionistici.

La penalizzazione

Questo sistema di pensione progressiva sembra piacere alle parti sociali e anche al governo. Bisogna poi vedere se non sarà indigesto ai tecnocrati di Bruxelles. Posto che attualmente il sistema di calcolo utilizzato per i lavoratori con 62 anni di età è quello misto, ci sarebbe un notevole risparmio di spesa nell’immediato.

Poi più passeranno gli anni, la penalizzazione verrebbe a scemare perché il sistema di liquidazione misto tenderà a considerare sempre più la parte contributiva che cresce e meno quella retributiva che diminuisce.

Per fare un esempio se un lavoratore nel 2022 avesse maturato 26 anni di contributi nel sistema contributivo e 10 nel sistema retributivo, lo stesso lavoratore nel 2027 si ritroverebbe 31 anni di contributi nel sistema contributivo e solo 5 nel sistema retributivo.

La pensione che salerebbe fuori nel 2027 sarebbe meno penalizzata di quella che verrebbe calcolata nel 2022.

La questione dell’età pensionabile

Il nodo da sciogliere, però, resterebbe sempre l’età pensionabile. Una idea del genere – sostengono gli esperti – rischierebbe comunque di pesare sulla spesa pensionistica con l’andare del tempo.

E’ vero che il sistema così ideato scoraggerebbe inizialmente i pensionamenti anticipati a 62 anni. ma poi, col passare del tempo, per il meccanismo di cui sopra, gli effetti sul risparmio di spesa sarebbero vanificati totalmente nel 2035 quando la pensione sarà calcolata per tutti interamente col sistema contributivo.

In altre parole, si concederebbe ai lavoratori la possibilità di andare in pensione a 62 anni vanificando gli effetti voluti dalla Fornero con la riforma del 2012 che prevede per i pensionamenti di vecchiaia il raggiungimento dei 67 anni di età.

Così, se dovesse essere presa in considerazione l’idea di Tridico, non è detto che il fattore età possa essere innalzato da 62 a 63-64 anni. O quantomeno la riforma potrebbe vedere la luce solo in forma sperimentale per circa un triennio, proprio come è stato per quota 100.