La riforma pensioni resta un ginepraio complesso dove chiunque tenti di metterci mano rischia di farsi male. Le continue riforme che sono succedute alla Fornero nel 2012 hanno solo complicato e reso iniquo il sistema pensionistico italiano.

Le proposte per cambiare le regole ed evitare il ritorno per tutti alle regole Fornero nel 2023 arrivano un po’ da tutte le parti. Ma tutte si scontrano con l’esigenza di fare altro debito, come avvenuto con quota 100 per tre anni.

La proposta di riforma dei consulenti del lavoro per una pensione a 61-62 anni

L’ultima proposta arriva dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro che suggeriscono una quota 100 elastica in modo da consentire a una più ampia platea di beneficiari di uscire a partire da 61-62 anni di età.

Un combinato fra età e contributi che permetterebbe a chi è rimasto tagliato fuori per un mese o anche per una sola settimana da quota 100 e che, magari, non riesce per lo stesso motivo ad andare in pensione nemmeno con quota 102.

In pratica, rendendo flessibili i due parametri, quello dell’età e quello dei contributi, si accontenterebbero migliaia di lavoratori che hanno raggiunto una età e una anzianità contributiva tale da poter lasciare il lavoro.

La proposta dei Consulenti del Lavoro interesserebbe soprattutto 65-66 enni con un’anzianità contributiva superiore ai 35 anni che resterebbero bloccati al lavoro, viceversa, dovendo attendere i 67 anni della vecchiaia.

Il nodo risorse finanziarie

Nonostante i buoni propositi, però, anche questa idea di riforma rischia di sbattere contro un muro di gomma. Il governo è stato chiaro sulle pensioni. Nessun ulteriore intervento sarà fatto a deficit e dovrà essere finanziariamente sostenibile.

Sicché – notano gli esperti previdenziali – di fronte a questo out out, non c’è spazio per una quota flessibile di pensione come propongono i Consulenti del Lavoro. L’intervento costerebbe troppo alle casse dello Stato.

Il punto non è tanto l’età della pensione, quanto il calcolo della rendita che pesa negli anni. Il sistema di calcolo retributivo e contributivo (misto) ancora in essere per le vecchie generazioni incide in maniera significativa sui conti dell’Inps.

Per questo il governo e l’Inps premono per anticipare il sistema di calcolo contributivo a 64 anni rispetto alla entrata a regime per tutti fra una decina di anni. Inutile farsi illusioni, quindi. Anche la proposta dei Consulenti del Lavoro lascia il tempo che trova.