Il reddito di cittadinanza non può essere un sussidio garantito a vita. “I bravi figli non vivono di rendita sui raccolti dei genitori“, recita un proverbio cinese. Un detto che calza a pennello anche quando si tratta del rapporto tra Stato e cittadini. La maggior parte dei cittadini, infatti, paga le tasse per permettere allo Stato di garantire un valido sostegno a coloro che si ritrovano alle prese con delle serie difficoltà.

Un patto sottinteso, che può però causare qualche malumore.

Ne è un chiaro esempio il reddito di cittadinanza che fin dal suo debutto è al centro delle polemiche perché si teme possa scoraggiare la ricerca di lavoro.

Un punto di vista condiviso anche dal nuovo governo Meloni, pronto ad apportare importanti modifiche alla misura targata Movimento 5 Stelle. Il reddito di cittadinanza, d’altronde, non può essere considerato una rendita a tempo indeterminato, bensì una forma di aiuto momentanea, in attesa di trovare un impiego lavorativo.

Il reddito di cittadinanza non è una rendita a vita

A differenza di quanto ipotizzato, l’intento del nuovo governo non è quello di cancellare il reddito di cittadinanza, bensì di modificarlo. Come sottolineato dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, infatti, è fondamentale che chi è nelle condizioni di lavorare lo faccia. A tal fine si rende necessario garantire una valida formazione per agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro.

Allo stesso tempo si intende fare in modo che il sussidio venga riconosciuto solamente ai soggetti che non possono lavorare. Tra coloro che potranno continuare a beneficiare del reddito di cittadinanza, ad esempio, si annoverano gli invalidi. Stesso discorso vale per coloro che hanno dei minori a carico senza avere adeguati mezzi di sostentamento.

Possibile limite a tre anni poi perdi il sussidio

A differenza di quanto accaduto fino ad oggi, il governo vuole fare in modo che il reddito di cittadinanza non possa essere prorogato a vita natural durante.

A tal fine, sempre Durigon ha sottolineato:

“Siamo ancora nella fase di studio. Abbiamo proposto di non estenderlo più a vita ma con una tempistica precisa per chi è abile al lavoro: 18 mesi di reddito con sei mesi di stop con formazione e inserimento nel mondo del lavoro, poi un decalage di 12 mesi. Arriviamo a un percorso di 36 mesi di reddito e poi si esce“.

I futuri percettori del reddito di cittadinanza, quindi, potrebbero ritrovarsi a dire addio a tale diritto dopo tre anni. Al momento, comunque, il governo non ha ancora fornito comunicazioni ufficiali. Bisogna attendere la nuova Legge di Bilancio per capire quali cambiamenti verranno apportati al reddito di cittadinanza e chi potrà continuare o meno a beneficiare di tale aiuto economico.