Si stringono i tempi per definire la riforma pensioni. Il governo prepara una nuova struttura previdenziale con l’obiettivo di rendere più flessibile il ritiro dal lavoro. Senza compromettere la sostenibilità del sistema.

A preoccupare l’esecutivo è il rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato e le pressioni sul debito pubblico, già altissimo. Bisogna però trovare una quadra che permetta al contempo di evitare il ritorno alla Fornero e che l’uscita anticipata dal lavoro non gravi sui conti.

Riforma pensioni, si chiude a marzo

Il governo punta a definire l’intera riforma entro fine marzo, prima della presentazione del Def.

Ma il negoziato coi sindacati è reso complesso anche dalle divisioni interne alla maggioranza. Il Mef si è opposto finora alle pressioni dei partiti che chiedono un nuovo scostamento di bilancio, cioè un aumento del deficit.

I ministri dell’Economia e del Lavoro, Daniele Franco e Andrea Orlando, dovrebbero rivedere i sindacati a breve. Gli interventi di riforma – dice Orlando –

dovranno tenere necessariamente conto delle diverse aspettative di vita, delle caratteristiche del lavoro, della discontinuità dell’attività lavorativa, e degli effetti della mancata crescita dei salari“.

Con una delle popolazioni più anziane al mondo, l’Italia spende in pensioni più di ogni altro Paese europeo, insieme alla Grecia. Secondo i dati Eurostat 2020, l’Italia ha raggiunto una spesa pensionistica pari al 17% del Pil.

Spesa previdenziale alle stelle

Come fanno notare gli economisti, l’elevata spesa pensionistica limita le risorse disponibili per altri scopi, come istruzione e investimenti in infrastrutture. Rende poi più difficile ridurre il debito pubblico, stimato a circa il 150% del Pil a fine 2021.

Sullo sfondo c’è poi il rialzo dei tassi d’interesse (il rendimento del Btp a 10 anni è salito al 2%), aggravato anche dal rincaro della bolletta energetica.

Sicché, data l’esigenza di limitare il più possibile l’impatto in bilancio, il premier Draghi intende consentire ai lavoratori di andare in pensione con meno di 67 anni, ma riducendo l’assegno.

Una ipotesi allo studio è quella di concedere la pensione a 64 anni con 20 anni di contributi, purché la rendita sia calcolata interamente col metodo contributivo. Sulla falsariga di quanto avviene per i Opzione Donna.

In parallelo il governo vuole rafforzare alcuni regimi di accesso anticipato alla pensione tra cui l’Ape sociale, che permette il ritiro dal lavoro a 63 anni per disoccupati, invalidi, ‘caregiver’ e persone impiegate in mansioni usuranti.